Contenzioso

Tra ristrutturazione e cessione del ramo intervallo minimo a pena di reintegra

di Francesco Machina Grifeo

La Cassazione, sentenza n. 21264 del 28 agosto 2018, boccia definitivamente quella che è stata considerata una delle ultime “esternalizzazioni” di lavoratori da parte di Telecom Italia, confermando la reintegra di una dipendente passata ad altra società. Nel settembre 2006, operando tecnicamente una “cessione di ramo d'azienda” la Telecom fece transitare 76 lavoratori del “Servizio clienti radiomarittimi” in “Its - Servizi marittimi e satellitari Spa”. Per la Suprema corte, che ha respinto il ricorso della società e confermato la decisione di secondo grado, l'operazione non può considerarsi legittima in quanto «il brevissimo intervallo di tempo tra la ristrutturazione e la cessione … non consentiva di conferire, al ramo ceduto, una struttura dotata di apprezzabile autonomia organizzativa ed economica».

La Corte di appello di Roma, su ricorso di uno dei dipendenti ceduti, riformando la decisione del Tribunale, aveva dichiarato l'illegittimità del trasferimento della dipendente oggi chiamata in causa e condannato la Telecom «a ripristinare immediatamente il rapporto di lavoro, reintegrandola in servizio nelle medesime mansioni già svolte o in mansioni ad esse equivalenti, nonché a corrisponderle le differenze retributive tra quanto percepito dalla data della cessione e quanto spettante a parità di inquadramento, ai dipendenti della Telecom Italia spa». Contro questa decisione Telecom ha proposto ricorso in Cassazione sostanzialmente insistendo sull'autonomia del ramo ceduto nonostante si trattasse di una “struttura leggera”.

Per i giudici di legittimità non è vero che la Corte di merito non ha condotto alcun esame sulla effettiva esistenza di «strutture direzionali nell'ambito della ramo ceduto», al contrario, argomenta la sentenza, «ha escluso al ramo trasferito la natura di struttura dotata di apprezzabile autonomia organizzativa ed economica in considerazione del brevissimo intervallo di tempo tra ristrutturazione e cessione». Con riferimento, poi, alla asserita possibilità che l'autonomia del ramo ceduto possa sussistere anche in presenza di una «struttura dematerializzata o leggera costituita in prevalenza da rapporti di lavoro organizzati, in modo idoneo, anche potenzialmente, allo svolgimento di una attività economica», osserva il Collegio: «è ben possibile ciò ma, affinché si realizzi, è necessario che i lavoratori ceduti costituiscano un gruppo coeso per professionalità, con precisi legami organizzativi preesistenti alla cessione e specifico know-how tali da individuarli come una struttura unitaria funzionalmente idonea e non come una sommatoria di dipendenti». Una evenienza però, conclude la decisione, non ravvisabile nel caso specifico.

Corte di cassazione -Sentenza 28 agosto 2018 n. 21264

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