Contenzioso

Legittimo ridurre l’anzianità ai supplenti

di Fabio Venanzi

La riduzione del conteggio dell’anzianità di servizio maturata dagli insegnanti assunti a tempo determinato della scuola pubblica è conforme al diritto comunitario europeo. Lo ha stabilito ieri la Corte di giustizia europea (causa C-466/2017).

La vicenda prende spunto da una dipendente, assunta a tempo indeterminato dall’anno scolastico 2011/2012 e che, nel periodo tra il 2003 e il 2011, aveva svolto una serie di contratti a tempo determinato. Al momento della ricostruzione di carriera, i periodi pregressi sono stati valutati parzialmente, sulla base della normativa vigente.

Sulla base del principio di non discriminazione rispetto ai docenti assunti sin dall’inizio a tempo indeterminato mediante concorso, il tribunale del lavoro di Trento ha inviato la questione alla Corte di giustizia europea. La normativa italiana prevede un riconoscimento parziale dei periodi antecedenti l’immissione in ruolo. In particolare, il servizio prestato in qualità di docente non di ruolo viene riconosciuto come servizio di ruolo, ai fini giuridici ed economici, per intero per i primi quattro anni e per i due terzi del periodo eventualmente eccedente, nonché ai soli fini economici per il rimanente terzo. Ne deriva che il docente a tempo determinato, dopo il quarto anno di servizio da precario subisce una riduzione di un terzo del servizio preruolo reso sotto il profilo giuridico e subisce una riduzione di due terzi del servizio sotto il profilo economico.

In linea di principio, le prestazioni rese dai docenti a tempo determinato non possono essere considerati di qualità inferiore rispetto a quelle dei docenti a tempo indeterminato assunti mediante concorso. La difesa del Governo italiano ha precisato che la finalità di tale differente modalità di computo è da ricercare in alcune peculiarità dell’attività lavorativa tra le due categorie e per evitare il prodursi di discriminazioni alla rovescia. Secondo la difesa italiana, i docenti precari sono spesso chiamati a effettuare sostituzioni temporanee, a insegnare svariate materie e beneficiano di un diverso computo del tempo lavorato (le prestazioni per un periodo di almeno 180 giorni in un anno, vale a dire circa due terzi dello stesso, sono computate come annualità complete). Tali principi giustificano la scelta dell’Italia di applicare una riduzione nel computo dell’anzianità di servizio nei confronti dei precari immessi successivamente in ruolo.

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