Contenzioso

Nella riliquidazione di pensione per effetto di accredito, per la decorrenza degli interessi vale la data di domanda amministrativa

di Silvano Imbriaci

La questione sembra marginale, ma in realtà consente alla sezione lavoro della Corte di cassazione, con la sentenza dell’8 ottobre 2018, numero 24745, di indicare alcuni criteri guida di una certa rilevanza in materia di sistemazione della posizione pensionistica per l'afflusso di contribuzione accreditata successivamente alla prima liquidazione e decorrenza degli interessi per il ritardo.

Nel caso di specie, a fronte di un pensionamento avvenuto all'inizio degli anni ‘80, era richiesta la condanna dell'Inps al pagamento degli interessi e della rivalutazione sulle differenze di ratei di pensione che erano state calcolate per effetto dell'accredito di contribuzione figurativa (avvenuta a distanza di venticinque anni dalla liquidazione del trattamento) dovuto al riconoscimento di un periodo sofferto come perseguitato razziale. Il problema affrontato dalla Corte è relativo alla collocazione della decorrenza delle somme accessorie: dal momento della liquidazione della originaria pensione o considerando la domanda di riliquidazione successiva?

La prima soluzione si basa sul regime di imprescrittibilità della liquidazione degli accessori del credito previdenziale derivante dall'accredito di contribuzione figurativa per effetto dell'applicazione della normativa speciale contenuta nell'articolo 5 della legge 96/1955.

La seconda soluzione, quella adottata dall'Inps, valorizza invece la data della riliquidazione della pensione e attribuisce gli interessi sugli arretrati solo a far data dal centoventunesimo giorno successivo alla disponibilità in capo all'ente della documentazione per consentire l'accredito figurativo (all'esito di un procedimento che nel caso specifico vede coinvolta la commissione ministeriale per le provvidenze ai perseguitati).

Secondo la Cassazione è pacifico che l'interessato abbia diritto all'accredito della contribuzione figurativa con effetti dalla data della prima liquidazione della pensione, in quanto l'ente previdenziale deve fare quello che avrebbe fatto se i contributi (per quel lasso di tempo) fossero stati effettivamente versati fin dall'inizio. Tuttavia tale “finzione” non può spingersi fino al punto di addebitare all'ente un ritardo oggettivo (il tempo trascorso dalla situazione che dà diritto all'accredito e la domanda di accredito con riliquidazione della pensione), che è imputabile solamente all'inerzia del titolare, che seppure deve ritenersi giustificata almeno fino al momento della liquidazione della pensione, non può esserlo integralmente con riferimento alla domanda di accredito.

Ecco spiegato perché nel sistema delle pensioni e prestazioni previdenziali ed assistenziali vige il principio della domanda amministrativa, proprio perché è da tale momento che è possibile la verifica in concreto del ritardo dell'amministrazione nell'erogazione di un trattamento. Il termine di 120 giorni che l'articolo 7 della legge 533/1973 pone quale termine ultimo per l'emissione del provvedimento amministrativo senza colpevole ritardo, si conteggia a partire dalla proposizione di domanda amministrativa, perché è da tale momento che l'amministrazione è chiamata a provvedere, in senso negativo o positivo e perché solo se inizia il procedimento di concessione della prestazione può dirsi sorto il diritto del privato a tutelare la propria pretesa di fronte all'autorità giudiziaria, in caso di diniego.

In termini pratici, solo dal momento in cui il gioco passa nelle mani dell'amministrazione e tutto quello che il privato poteva fare ha fatto, è possibile la verifica di un eventuale ritardo nell'adempimento, con effetti sull'obbligazione accessoria. Peraltro, non è rilevante che l'ente previdenziale giunga con il suo provvedimento al termine di un procedimento più complesso che vede coinvolta, in questo caso, in prima battuta una commissione ministeriale. Conta il momento dell'attivazione del procedimento, e quindi dell'originaria domanda rivolta all'amministrazione ministeriale, non potendosi far ricadere sul privato cittadino i ritardi connessi alla eccessiva procedimentalizzazione o frammentazione della fase amministrativa, una volta che sia stata espressa chiaramente la volontà di accedere al beneficio dell'accredito.

Infatti, in presenza di enti previdenziali diversi, l'Inps non viene esonerato dall'obbligazione accessoria degli interessi per i ritardi dovuti al comportamento di altri enti, dal momento che si tratta di disfunzioni procedimentali non imputabili al cittadino, ma riguardanti il sistema dei rapporti tra amministrazioni diverse, con i connessi ed esclusivi profili, semmai, di responsabilità interna (cfr. Cass. n. 6755/1992).

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