Contenzioso

Temporaneità del lavoro certificata dalle causali

di Lorenzo Zanotti

La Corte di cassazione, con sentenza 23665/2018, si è pronunciata in materia di somministrazione a tempo determinato, dettando alcuni principi che – sebbene riferiti alla vecchia normativa (antecedente al marzo 2014) – forniscono interessanti spunti di analisi anche per la disciplina introdotta dal decreto dignità.

La vicenda in esame riguarda il caso di un lavoratore che, nel periodo compreso tra aprile 2012 e luglio 2014, era stato più volte inviato in missione presso il medesimo utilizzatore, tramite una serie di contratti a tempo determinato con l'agenzia di somministrazione, i quali erano stati di volta in volta prorogati o rinnovati. Il lavoratore ha chiesto che venisse accertata l'illegittimità dei contratti a termine, stante il difetto del requisito della temporaneità dell'occasione di lavoro, con conseguente costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato in capo all'utilizzatore.

Il ricorso è stato rigettato dai giudici di merito. Secondo questi ultimi, infatti, la pretesa del lavoratore non poteva ritenersi fondata né sotto il profilo della mancanza di temporaneità dell'occasione di lavoro, né in ragione del superamento del limite di sei proroghe consecutive previsto dal Ccnl per i lavoratori somministrati all'epoca vigente. Con riferimento a questo secondo aspetto, i giudici di primo e secondo grado rilevavano come, da un lato, le previsioni del Ccnl non fossero opponibili alla società utilizzatrice, dall'altro, che il numero massimo di proroghe consecutive non era stato, nei fatti, mai superato (e ciò nonostante fossero complessivamente ventitré). Peraltro, secondo la Corte territoriale non poteva ravvisarsi «in relazione alle evidenziate esigenze organizzative e produttive legittimanti la stipula dei predetti contratti (richieste dalla normativa all'epoca vigente per la valida apposizione del termine n.d.r.), il frazionamento artificioso in più contratti di un unico rapporto».

I giudici di legittimità hanno confermato tale decisione. Secondo la Suprema corte, infatti, anche laddove fosse stata accertata la violazione della disciplina limitativa delle proroghe prevista dal Ccnl applicabile alle agenzie di somministrazione – ma, nel caso di specie, così non è – si sarebbe comunque dovuto concludere per l'inopponibilità alla società utilizzatrice di una disciplina collettiva «alla cui osservanza la stessa, in ragione della mancata adesione alle parti stipulanti, non è tenuta» e per «l'irrilevanza ai fini dell'illegittimità degli stipulati contratti di somministrazione della violazione della disciplina limitativa delle proroghe» prevista dal Ccnl.

Del pari, la Corte di cassazione ha ritenuto non meritevole di accoglimento la prospettazione del ricorrente, secondo cui la stipula in successione di contratti di somministrazione di volta in volta prorogati o rinnovati dissimulerebbe un rapporto unico che sottende un'esigenza organizzativa e produttiva a carattere continuativo, come tale incompatibile con l'instaurato rapporto flessibile. Secondo i giudici di legittimità, infatti, il mero dato temporale non sarebbe idoneo ad attestare il carattere fraudolento degli stipulati contratti di somministrazione «a fronte dell'accertata insorgenza di reiterate periodiche esigenze» di natura temporanea «non fronteggiabili con l'ordinario organico e pacificamente riferibili all'ordinaria attività aziendale, a loro volta significative nel senso di escludere la continuità dell'occasione di lavoro, dalla quale sola potrebbe derivare la pretesa unicità del rapporto e l'illegittimità delle successive assunzioni tramite agenzia interinale».

Ne risulta così confermato l'orientamento secondo cui, una volta accertata la validità formale delle ragioni legittimanti il ricorso alla somministrazione (quali punte di produzione, acquisizione di commesse non previste, sostituzione di lavoratori assenti etc.) e la coerenza dell'impiego del lavoratore somministrato con tali esigenze, non residua in favore del giudice un ulteriore spazio di verifica in relazione alla concreta organizzazione aziendale, sotto il profilo della reale temporaneità delle esigenze invocate, tenuto conto dell'insindacabilità delle scelte organizzative dell'imprenditore in base all'articolo 41 della Costituzione.»

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