Contenzioso

Diritto di critica sindacale, confini ampi per la Cassazione

di Angelina Turco

La Cassazione penale, con una interessante decisione, delinea i confini del diritto di critica sindacale.

Il fatto dal quale discende la sentenza in commento è l'affissione da parte del segretario generale di un sindacato di polizia, nella bacheca all'interno di una casa circondariale, di un comunicato sindacale in cui si attribuiva al direttore della stessa la responsabilità di avere autorizzato la diffusione di alcol tra i detenuti. Il gegretario generale era stato condannato, nei precedenti gradi di giudizio, per diffamazione (articolo 595 de codice penale).

La Suprema corte (sentenza 47513 del 18 ottobre 2018), nell'annullare la sentenza di appello perché il fatto non costituisce reato, chiarisce la differenza, in tema di diffamazione, tra diritto di critica e diritto di cronaca.

Il diritto di critica, a differenza del diritto di cronaca, non si concretizza in narrazione di fatti, ma nell'espressione di un giudizio o, più genericamente, di un'opinione che, come tale, non può pretendersi rigorosamente obiettiva, posto che la critica, per sua natura, non può che essere fondata su un'interpretazione, necessariamente soggettiva, di fatti e comportamenti. Ai fini del riconoscimento del diritto di critica, quale scriminante per il reato di diffamazione, non è quindi in gioco un problema di veridicità delle proposizioni assertive, quanto piuttosto di «correttezza» delle espressioni utilizzate (Cass., sez. V pen., n. 7499/2000).

Qualora il giudice pervenga, come nel caso de quo, a qualificare il giudizio espresso come prevalentemente valutativo, anziché informativo, i limiti dell'esimente sono quelli costituiti dalla rilevanza sociale dell'argomento e dalla correttezza dell'espressione. Pertanto, la cassazione afferma la sussistenza dell'esimente del diritto di critica sindacale quando le affermazioni di censura sono volte a stigmatizzare, seppur con toni aspri, un fatto vero del datore di lavoro (Cassazione 5247/2013).

Tanto premesso, le espressioni adoperate nel volantino, benché aspre, non esulando dai limiti di continenza formale, e non degenerando in aggressione alla sfera personale e privata del direttore, rientrano nel legittimo diritto di critica sindacale, i cui confini sono confermati dalla Cassazione più ampi di quelli del diritto di cronaca.

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