Contenzioso

La Cassazione fa il punto sulla pensione di reversibilità per i familiari inabili al lavoro

di Silvano Imbriaci

In caso di morte del pensionato, il figlio superstite ha diritto alla pensione di reversibilità, ove maggiorenne, se riconosciuto inabile al lavoro e a carico dei genitore al momento del decesso. L’articolo 13, r.d.l. 14 aprile 1939, n. 636, afferma espressamente che “Ai fini del diritto alla pensione ai superstiti, i figli in età superiore ai 18 anni e inabili al lavoro, i figli studenti, i genitori, nonché i fratelli celibi e le sorelle nubili permanentemente inabili al lavoro, si considerano a carico dell'assicurato o del pensionato se questi, prima del decesso, provvedeva al loro sostentamento in maniera continuativa”.

La verifica del requisito della vivenza a carico ha sempre impegnato la giurisprudenza nella ricerca di criteri più o meno definiti e idonei a riempire di contenuto specifico una indicazione tutto sommato generica della norma. Secondo un orientamento sufficientemente consolidato, il requisito della vivenza a carico, se non si identifica indissolubilmente con lo stato di convivenza, né con una situazione di totale soggezione finanziaria del soggetto inabile, va considerato con particolare rigore, essendo necessario dimostrare che il genitore provvedeva in via continuativa e in misura quanto meno prevalente al mantenimento del figlio inabile (cfr., ex plurimis, Cass., 14 febbraio 2013, n. 3678 e la giurisprudenza ivi richiamata). Peraltro, come affermato anche da un diverso orientamento (Cass. 3 luglio 2007, n. 14996), agli effetti del requisito della prevalenza del contributo economico continuativo del genitore nel mantenimento del figlio inabile, ragioni di certezza giuridica, di parità di trattamento, di tutela di valori costituzionalmente protetti (artt. 3 e 38 Cost.) impongono criteri quantitativi certi che assicurino eguale trattamento ai superstiti inabili (Delibera INPS n. 478 del 2000) nonché di considerare a carico i figli maggiorenni inabili che hanno un reddito non superiore a quello richiesto dalla legge per il diritto alla pensione di invalido civile totale.

Da ultimo, la Cassazione (Cass. n. 9237/2018) ha anche ribadito che la vivenza a carico, elemento da provarsi a carico di chi chiede la prestazione, si configura non soltanto con la dimostrazione della convivenza tra i due soggetti, occorrendo, in particolare, provare che il genitore defunto provvedeva in via continuativa ed in misura totale, o quanto meno prevalente, al mantenimento del figlio inabile (principio acquisito fin da Cass. 26 marzo 1984 n. 1979).

Su queste indicazioni giurisprudenziali interviene la sentenza della cassazione n. 28608 dell'8 novembre 2018, che invita a valutare il collegamento tra la prova del requisito della vivenza a carico e lo stato di salute del richiedente. Secondo la Cassazione, il requisito in questione integra una situazione complessa che non si identifica con la mera coabitazione, né con uno stato di totale soggezione finanziaria del soggetto inabile, ma che deve essere verificato anche alla luce della situazione di salute del soggetto inabile ed in particolare con l'accertata impossibilità a svolgere qualsiasi attività lavorativa. Nel caso specifico valutato dalla Corte, le varie perizie mediche susseguitesi avevano accertato da una parte lo stato di invalidità totale e l'impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa, dall'altra che le patologie di natura psichiatrica di cui soffriva il soggetto inabile erano risalenti e si erano aggravate sensibilmente proprio nell'ambito del contesto familiare all'interno del quale il ricorrente era inserito. In pratica, l'essere rimasto costantemente nell'abitazione dei genitori e l'essere la situazione di disagio anche psichico imputabile anche ad una situazione familiare compromessa, con episodi di violenza e di abuso di sostanze alcoliche da parte del padre, di per sé costituivano elementi per dimostrare, senza alcuna possibilità di smentita, la vivenza a carico. Da qui il collegamento del requisito con lo stato di salute, quale elemento in più, secondo la cassazione, per valutare e dimostrare la vivenza a carico ai fini dell'accesso al trattamento

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