Contenzioso

La ripetizione dell’indebito pensionistico secondo la Cassazione

di Silvano Imbriaci

La questione alla base della sentenza 8 febbraio 2019, n. 3802 della sezione Lavoro è abbastanza lineare: a seguito della comunicazione dei redditi da parte del titolare della pensione relativi al 2004, nell'aprile 2005 l'Inps procede al ricalcolo del trattamento e verifica l'indebita percezione di somme eccedenti quanto dovuto. Esercita quindi la propria pretesa restitutoria con richiesta del 31 ottobre del 2006.

Il pensionato ritiene che la richiesta dell'Inps sia intempestiva, per effetto dell'applicazione dell'art. 13, comma 2, della legge n. 412/1991, a mente del quale l'INPS procede annualmente alla verifica delle situazioni reddituali dei pensionati incidenti sulla misura o sul diritto alle prestazioni pensionistiche e provvede, entro l'anno successivo, al recupero di quanto pagato in eccedenza. Secondo la ricostruzione del titolare, il termine annuale deve essere conteggiato a decorrere dalla comunicazione da parte del pensionato all'INPS della dichiarazione dei redditi.

L'Inps interpreta invece la norma in senso diverso: l'anno cui ci si riferisce sarebbe quello civile (1 gennaio/31 dicembre) successivo all'anno nel quale l'ente è giunto a conoscenza dei dati reddituali. Come si vede, pur essendo la distinzione abbastanza sottile, le conseguenze dell'adesione all'una o all'atra tesi non sono di poca importanza.

Prima di delineare la soluzione della Corte, occorre ricordare che la disciplina si compone di altre due norme: l'art. 52, comma 2 delle legge n. 88/1989 che stabilisce la regola generale della irripetibilità delle somme indebite salvo il dolo del pensionato; e il primo comma del citato art. 13, che invece stabilisce che la regola della ripetibilità di cui all'art. 52 riguarda le somme corrisposte per errore di qualsiasi natura imputabile all'ente erogatore, aprendo la strada al recupero delle somme non solo in caso di dolo ma anche se l'errore è dovuto ad omessa o incompleta segnalazione da parte del pensionato di fatti che doveva comunicare (sempre che l'Istituto non ne fosse già a conoscenza).

Secondo una giurisprudenza della Sezione Lavoro (cfr. Cass. n. 953/2012), l'obbligo a carico dell'INPS di procedere alla verifica reddituale, quale condizione per l'accesso alla ripetizione delle somme, sorge unicamente in presenza di dati reddituali certi, per cui non decorre fino a che il titolare non abbia comunicato un dato reddituale completo. Tale interpretazione aiuta a sostenere il principio per cui le modifiche reddituali delle quali l'INPS venga a conoscenza in ragione della propria attività istituzionale, anche mediante specifica comunicazione da parte dell'interessato, non rientrano nell'ambito degli errori INPS, con conseguente libera ripetibilità delle indebite erogazioni, sia pure nel termine decadenziale annuale.

Si tratta di un principio che affonda le proprie radici nella necessità di tener conto dei tempi che normalmente trascorrono tra percezione di prestazioni previdenziali e verifica contabile della soglia reddituale. In questo contesto, la norma che pone il termine annuale tiene conto, secondo la Corte, anche di quest'attività di verifica e di controllo dei rapporti tra prestazioni ed entrate. Tale verifica deve essere disposta annualmente e tale locuzione non fa altro che descrivere il momento nel quale l'Istituto procede al controllo, salvo poi attivare il recupero entro l'anno successivo. Nell'indicazione della verifica annuale non vi è quindi l'apposizione di un termine di decadenza, ma solo un riferimento, sufficientemente certo, a cui parametrare l'anno successivo destinato al recupero; ed è solo questa ultima attività, l'esercizio della pretesa restitutoria, ad essere interessata dal termine di decadenza.

Se quindi tale verifica non ha tempi decadenziali, essendo sufficiente che sia svolta annualmente, il termine finale per il recupero è da intendersi necessariamente come l'anno successivo a quello in cui tale verifica sia avvenuta. Sotto questa luce, l'art. 13 non afferma che il recupero debba avvenire entro l'anno dalla suddetta verifica, ma entro l'anno successivo rispetto all'anno nel quale la verifica è stata condotta a termine (anche da un punto di vista logico, altrimenti, avrebbe poco senso l'uso dell'aggettivo successivo).

La scansione dei tempi per il recupero è dunque la seguente:

- nell'anno civile in cui si è avuta la conoscibilità dei redditi l'INPS deve procedere alla verifica;

- nell'anno civile successivo a quello destinato alla verifica l'INPS deve procedere, a pena di decadenza, al recupero delle somme indebitamente corrisposte.

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