Contenzioso

Per la giusta causa possono rilevare le mansioni svolte

di Marcello Floris

Il concetto di giusta causa non è limitabile all’inadempimento così grave da giustificare la risoluzione immediata del rapporto di lavoro, ma è estensibile anche a condotte che, tenute al di fuori dell’azienda e dell’orario di lavoro, possono comunque essere tali da ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario tra le parti. La valutazione della sussistenza della giusta causa di licenziamento, però, è da valutare però caso per caso.

È capitato che la Cassazione abbia confermato la decisione della Corte d’appello che aveva dichiarato illegittimo il licenziamento di un dipendente con mansioni di natura esecutiva, senza connotazioni di responsabilità né contatto con il pubblico, condannato per detenzione di stupefacenti.

Una condotta simile è stata valutata invece in modo opposto dalla stessa Corte, che ha confermato la legittimità del licenziamento di un dipendente di una struttura turistica arrestato in flagranza di reato per detenzione a fini di spaccio di hashish, mentre si trovava in ferie. In questo caso, la Cassazione ha ritenuto particolarmente grave in termini di futura affidabilità del ricorrente e, quindi, di lesione del vincolo fiduciario, sia i diretti rapporti con la clientela intrattenuti dal dipendente nell’espletare le sue mansioni, sia il fatto che avesse acquistato la sostanza stupefacente da un collega, avvalendosi quindi dell’ambiente lavorativo per condurre traffici illeciti.

La Cassazione ha invece accertato l’illegittimità del licenziamento di un dipendente che aveva intrattenuto rapporti intimi fuori dall’orario lavorativo in una vettura di sua proprietà, parcheggiata sulla pubblica via nelle immediate vicinanze del posto di lavoro.

In sede di appello il comportamento del lavoratore era stato ritenuto contrario ai precetti dell’etica comune e tale da legittimare un giudizio negativo sulla idoneità del lavoratore alla prosecuzione del rapporto di lavoro.

Per la Cassazione, invece, la condotta è indiscutibilmente riconducibile alla sfera privata e nella valutazione della sussistenza della giusta causa - intesa come grave negazione degli elementi del rapporto di lavoro - non può ritenersi sufficiente una generica correlazione tra il fatto e la qualità di prestatore di lavoro o (come nella specie) tra un fatto extra- lavorativo e la idoneità del prestatore alla prosecuzione del rapporto. È stata quindi riconosciuta la illegittimità del licenziamento.

Non è stata giudicata sufficiente a integrare la giusta causa di licenziamento di un dirigente, con mansioni di direttore esecutivo di una rivista, la pubblicazione con un altro editore senza preventiva autorizzazione di un volume che non rientrava nel divieto del contratto individuale di assumere incarichi giornalistici per conto terzi, né recava alcun pregiudizio in termini di concorrenza sleale alla rivista. Infatti, ove il comportamento del prestatore consista in atti che siano espressione, come nella specie, della libertà di pensiero, la difesa di valori tutelati costituzionalmente (articolo 21 della Costituzione) non è di rilievo inferiore ai doveri connaturati al rapporto di lavoro, che, nella sostanza, non subiscono una compromissione per le modalità in cui sono attuate le condotte censurate.

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