Contenzioso

Conversioni in tribunale senza tutele crescenti

di Angelo Zambelli

Prendendo le mosse dal combinato disposto dell’articolo 1, commi 1 e 2, del Dlgs 23/2015, il tribunale di Parma (sentenza 383/2019) ha ritenuto che la disciplina del Jobs act trovi applicazione nel caso in cui, dopo il 7 marzo 2015, il contratto a termine venga convertito in uno a tempo indeterminato per volontà negoziale e non anche nell’ipotesi in cui la conversione sia stata disposta in sede giudiziale a seguito della dichiarazione di nullità del termine.

Un lavoratore ha impugnato il licenziamento per giusta causa intimatogli oralmente, eccependo in via preliminare la sussistenza sin dall’origine di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, in quanto la società resistente non aveva dimostrato di aver effettuato la valutazione dei rischi. Il dipendente ha chiesto pertanto, in base all’articolo 18, commi 1 e 2, dello statuto dei lavoratori, l’accertamento della nullità del licenziamento orale, con conseguente reintegrazione nel posto di lavoro e risarcimento del danno dalla data del recesso sino a quella dell’effettiva reintegrazione.

Il giudice, pur rilevando l’oralità del recesso, ha dichiarato la nullità del termine apposto al contratto e accertato la «sussistenza di un rapporto a tempo indeterminato tra le parti sin dalla data del 9 aprile 2014», ossia dalla data di inizio del rapporto, con conseguente «applicazione dell’articolo 18 della legge 300/1970».

Il tribunale ha argomentato la delimitazione dell’ambito di applicazione dell’articolo 1, comma 2, del Dlgs 23/2015 precisando che «la conversione operata in sede giudiziale di un contratto a termine…determina la costituzione di un rapporto a tempo indeterminato con efficacia ex tunc», ovverosia sin dall’origine.

La sentenza giunge a pochi mesi di distanza da un’altra pronuncia di merito che ha interpretato l’articolo 1, comma 2, del Dlgs 23/2015, in termini diametralmente opposti: il tribunale di Roma, fondando il proprio convincimento su un’interpretazione restrittiva del termine “conversione”, con sentenza 75870/2018 (si veda il Sole 24 Ore del 7 novembre), ha infatti precisato che «solo…le ipotesi di contratto a tempo determinato stipulati prima del 7.3.2015, ma che subiscano una “conversione” in senso tecnico in data successiva al 7.3.2015, per via giudiziale o stragiudiziale, possono ritenersi ricomprese nel campo di applicazione della nuova normativa».

Nel caso deciso dal tribunale di Parma, caratterizzato da un licenziamento nullo perché intimato oralmente, l’applicazione del Dlgs 23/2018 in luogo dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori non avrebbe comportato alcuna sostanziale differenza di tutela in capo al dipendente, implicando di fatto un diverso iter processuale (rito Fornero invece di quello ordinario): anche il Jobs act prevede la reintegrazione nel posto di lavoro con diritto alla “tutela reale forte” a fronte di un licenziamento orale.

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