Contenzioso

Licenziabile chi spaccia stupefacenti

di Giulia Bifano e Uberto Percivalle


L'essere coinvolto nello spaccio di sostanze stupefacenti è un fatto di tale gravità da legittimare il licenziamento in tronco, indipendentemente dal fatto che il dipendente spacciatore abbia o meno introdotto gli stupefacenti all'interno dell'azienda datrice di lavoro. Lo ha chiarito la Corte di cassazione con l'ordinanza 4804/2019, precisando che, per valutare la rilevanza nell'ambito del rapporto di lavoro della condotta di chi si dedichi allo spaccio di sostanze psicotrope, debba aversi riguardo non necessariamente all'eventuale danno arrecato all'azienda, quanto piuttosto al disvalore della condotta in sé.

Infatti, precisa la Corte, quello dello spacciatore è un comportamento che, oltre ad avere rilievo penale, è in tale contrasto con le norme dell'etica e del vivere civile da essere di per sé idoneo a compromettere in modo definitivo il necessario vincolo fiduciario tra datore di lavoro e dipendente, senza che a tale fine abbia rilievo la circostanza che il riflesso della condotta extra-lavorativa sul rapporto con il datore sia solo potenziale.

Tale netta decisione trae origine dal ricorso con cui un dipendente ha impugnato il licenziamento in tronco in quanto imputato in un procedimento penale in ordine all'illecita detenzione a fine di spaccio di una cospicua quantità di droghe. Il lavoratore ha sostenuto che l'azienda ha omesso di chiarire i profili soggettivi e oggettivi della condotta in grado di giustificare una rottura definitiva del rapporto fiduciario, tale da potere giustificare la massima sanzione espulsiva. Peraltro, secondo il licenziato la lettera di contestazione disciplinare doveva ritenersi avere a oggetto il solo fatto di essere stato coinvolto in un procedimento penale avente rilevanza mediatica e non, invece, le condotte oggetto del medesimo procedimento. Nell'accogliere simili conclusioni e disporre conseguentemente la reintegra del lavoratore, la Corte d'appello di Venezia ha aggiunto come neppure alcuna indagine interna fosse stata avviata dalla società al fine di comprendere la portata delle azioni del lavoratore all'interno del contesto aziendale.

In Cassazione, però, l'esito della vicenda è stato capovolto: premettendo come la lettura della contestazione disciplinare adottata dalle corti di merito non fosse coerente con le finalità stesse della contestazione, la Suprema corte ha anzitutto ribadito l'orientamento in base al quale la funzione della contestazione disciplinare è consentire al lavoratore di comprendere con esattezza quali fatti e circostanze gli siano addebitati. Di conseguenza, proseguono i giudici di legittimità, è senza dubbio possibile che una contestazione venga formulata mediante il richiamo agli atti di un procedimento penale di cui il lavoratore sia già a conoscenza, senza che ciò possa essere interpretato nel senso di una mero rimprovero del fatto di essere coinvolto nel processo stesso: la funzione di un simile richiamo, infatti, è proprio quella di consentire al dipendente di giungere alla piena consapevolezza dei fatti materiali che gli sono rimproverati e, cioè, quelli addebitatigli nell'ambito del giudizio penale.

Dopo aver chiarito tale questione preliminare, la Corte si è poi occupata di fare chiarezza sulle premesse necessarie affinché la condotta extra lavorativa di un dipendente possa avere un impatto, anche definitivo, sul rapporto di lavoro. A questo proposito, chiariscono i giudici, non è certo necessario che il riflesso sulla relazione con il datore di lavoro sia attuale o immediato: laddove il comportamento del lavoratore sia particolarmente riprovevole da un punto di vista etico e sociale, il riflesso di quest'ultimo sul rapporto lavorativo è oggettivo, anche ove solo potenziale. Pertanto, conclude l'ordinanza, la sentenza con cui al dipendente spacciatore viene riconosciuto il diritto a essere reintegrato in azienda dev'essere cassata con rinvio alla Corte d'appello, che nel decidere nuovamente la questione dovrà tenere conto di come la detenzione e spaccio di elevate quantità di stupefacenti sia condotta sussumibile, in astratto, nella nozione di giusta causa.

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