Contenzioso

Servizi pubblici, dirigente licenziabile se critica troppo il cda

di Giuseppe Bulgarini d’Elci


In un contesto aziendale caratterizzato da forti inefficienze produttive che incidono negativamente sulla fruizione di un servizio pubblico, la reiterata espressione del dissenso formulata con toni eccessivi e coloriti da parte di un dirigente nei confronti del consiglio di amministrazione della società è circostanza idonea a giustificare il licenziamento per giusta causa. Se la finalità del licenziamento è quella di restaurare un equilibrato rapporto di fiducia tra il management aziendale e l'organo amministrativo, messo in discussione dal reiterato dissenso ostile del dirigente e dalle sue iniziative insolenti ed insubordinate, la reazione disciplinare del datore di lavoro non è da considerarsi arbitraria, bensì giustificata in una prospettiva di tutela della macchina aziendale.

La Cassazione afferma (sentenza n. 8659 del 28 marzo 2019) che la misura espulsiva costituisce un provvedimento legittimo se la finalità del licenziamento, in presenza di critiche reiterate e atteggiamenti insolenti rispetto alle strategie messe in atto dai vertici societari, è quella di recuperare un rapporto armonico tra il livello dirigenziale e l'organo amministrativo.

Il caso sul quale è stata chiamata a pronunciarsi la Cassazione era relativo al licenziamento del dirigente di una società che gestiva il servizio di nettezza urbana per il Comune di Palermo. La difficile situazione della raccolta dei rifiuti, creatasi nell'area comunale nell'estate del 2015, aveva indotto il dirigente ad esprimere, in modo acceso e inurbano, un forte dissenso verso il al consiglio di amministrazione e a sviluppare un atteggiamento insolente ed insubordinato, che aveva contribuito ad ingenerare una forma di contrapposizione tra il personale dirigenziale e l'organo amministrativo della società.

Riformando la sentenza del giudice di primo grado, la corte d'appello territoriale aveva confermato la legittimità del licenziamento, osservando che il dissenso espresso dal dirigente con toni eccessivi e coloriti, unitamente agli atteggiamenti insolenti ed insubordinati, travalicava il legittimo esercizio del diritto di critica.

La Cassazione conferma la sentenza e osserva che, nell'ambito di un rapporto di lavoro dirigenziale, dove il grado di fiducia che la società deve poter riporre nel proprio dipendente è massimo, la reiterata contrapposizione verso il consiglio di amministrazione, formulata mediante un reiterato dissenso, espresso in modo colorito e insolente, accompagnato da iniziative tese a delegittimarne l'autorità, costituisce violazione dei principi di correttezza e buona fede che governano il rapporto di lavoro.

La Suprema Corte valorizza il dato per cui il licenziamento del dirigente dissenziente costituiva un rimedio funzionale al recupero di un equilibrato rapporto tra il livello dirigenziale e il consiglio di amministrazione.

Risulta, pertanto, giustificato il provvedimento espulsivo intimato nei confronti di un dirigente che si pone in contrapposizione all'indirizzo organizzativo espresso dalla società, se tale misura risulta utile al recupero di un rapporto armonico tra il management aziendale e il consiglio di amministrazione.

Corte di cassazione, ordinanza 28 marzo 2019, n. 8659

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