Contenzioso

L’assegno di separazione non dà diritto alla pensione di reversibilità

di Silvano Imbriaci

La sezione lavoro della Cassazione, con l'ordinanza 11129 del 19 aprile, torna sul tema sempre attuale degli effetti delle statuizioni civili in materia di separazione tra coniugi e scioglimento del matrimonio sui trattamenti di reversibilità, in caso di decesso di uno dei coniugi.

Nel caso specifico il coniuge superstite rivendicava il diritto alla pensione di reversibilità sul presupposto della titolarità dell'assegno di mantenimento stabilita in sede di giudizio di separazione e mai modificata dalla successiva sentenza del tribunale che aveva dichiarato la cessazione degli effetti civili del matrimonio, ma con statuizioni solo per il contributo ai figli affidati alla madre e non per l'assegno di mantenimento in favore della stessa.

La questione della spettanza del trattamento di reversibilità a favore dell'ex coniuge, in caso di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, è affrontata da una specifica norma all'interno della legge sul divorzio (articolo 9 della legge legge 1 dicembre 1970, numero 898), nell'ottica del concorso con il coniuge superstite. Infatti, in assenza di coniuge superstite che abbia diritto alla pensione di reversibilità, il coniuge rispetto al quale è stata pronunciata sentenza di scioglimento del matrimonio (ex-coniuge), se non passato a nuove nozze e sempre che sia titolare dell'assegno divorzile di cui all'articolo 5 della stessa legge, ha diritto alla pensione di reversibilità, sempre che il rapporto da cui trae origine il trattamento pensionistico sia anteriore alla sentenza (articolo 9, comma 2).

La necessità dunque di tener conto anche dell'ex coniuge nella verifica del diritto alla pensione di reversibilità deriva da una lettura in chiave solidaristica di questa forma di tutela, in funzione cioè protettiva, avuto riguardo a quei soggetti che in qualche modo abbiano avuto un rapporto di coniugio con il lavoratore o con il pensionato defunto. Tale impostazione, sottoposta a costante verifica da parte della giurisprudenza, per quanto riguarda l'ex coniuge, impone quindi la necessità di confrontarsi con le modalità con cui si realizza questa situazione di "dipendenza economica" ai fini del diritto alla reversibilità.

La Corte costituzionale (sentenza 419/1999), esaminando la natura e la funzione della pensione di reversibilità, ha affermato con chiarezza che tale trattamento, che costituisce una risposta dell'ordinamento alla morte quale evento protetto, realizza la sua funzione solidaristica nei confronti sia del coniuge superstite, nel senso della ultrattività della solidarietà coniugale, sia nei confronti dell'ex coniuge, nel senso della continuità del sostegno fornito in relazione alla durata del rapporto coniugale, sostegno che si realizza mediante la corresponsione di un assegno divorzile avente la funzione di assicurare all'ex coniuge mezzi adeguati di vita anche dopo la cessazione del matrimonio. Sotto questo profilo le sezioni unite della Cassazione (sentenza 24 settembre 2018, numero 22434) hanno potuto affermare che ai fini del riconoscimento della pensione di reversibilità in favore del coniuge nei cui confronti sia stato dichiarato lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, la titolarità deve intendersi come titolarità attuale e concretamente fruibile dell'assegno divorzile al momento della morte dell'ex coniuge e non già come titolarità astratta del diritto all'assegno divorzile che è stato in precedenza soddisfatto con la corresponsione in un'unica soluzione.

L'ordinanza del 19 aprile della sezione Lavoro, a ben vedere, affronta la questione sulla base di questi principi. L'assegno divorzile deve essere stato giudizialmente riconosciuto dal tribunale, dietro proposizione di apposita domanda e in presenza dei relativi presupposti, non essendo sufficiente una mera titolarità astratta, oppure la circostanza che il coniuge sia stato beneficiario di varie erogazioni economiche in virtù di accordi di fatto stipulati in sede di separazione (si veda il contenuto della norma interpretativa di cui all'articolo 5 della legge 263/2005). La mancata esplicita attribuzione dell'assegno non costituisce implicito riconoscimento degli accordi in sede di separazione e preclude l'accesso alla pensione di reversibilità.

Peraltro, il diritto alla reversibilità ha presupposti e requisiti diversi rispetto alla titolarità, anche astratta, dell'assegno di divorzio (titolarità di pensione diretta da parte del coniuge defunto in virtù di un rapporto anteriore alla sentenza di divorzio e titolarità da parte del coniuge superstite di assegno di divorzio disposto dal giudice). Nel caso di specie non vi è una situazione economica da tutelare, perché non vi era neanche prima del decesso del de cuius. Il trattamento di reversibilità costituisce la prosecuzione della funzione di sostentamento del superstite in precedenza adempiuta dalla pensione goduta dal dante causa. E' quindi necessaria la fruizione indiretta, tramite l'assegno di divorzio, della pensione di cui l'ex coniuge era titolare.

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