Contenzioso

Contratti collettivi vincolanti solo per le parti firmatarie

di Giuseppe Bulgarini d'Elci

In base al principio di libertà sindacale sancito dall'articolo 39 della Costituzione e ai principi di diritto comune che si desumono dagli articoli 1321 e 1372 del Codice civile, il contratto collettivo nazionale di lavoro non ha efficacia nei confronti di tutti i lavoratori del settore merceologico/produttivo, ma si applica ai datori di lavoro e lavoratori che vi abbiano aderito in forza di un atto idoneo a manifestare la comune intenzione delle parti di farne applicazione. La Corte di cassazione ha ribadito questo principio con la recente ordinanza n. 11537 del 2 maggio 2019, osservando che il contratto collettivo non ha efficacia erga omnes e vincola le (sole) parti che siano iscritte alle associazioni datoriali e dei lavoratori stipulanti, ovvero che vi abbiano espressamente aderito, ovvero che ne abbiano recepito la disciplina.

Il principio affermato dalla Corte di legittimità, che costituisce espressione di un pacifico indirizzo della giurisprudenza, impedisce di applicare sic et simpliciter le disposizioni di un contratto collettivo nazionale di lavoro ad un rapporto di lavoro nel quale né direttamente, né indirettamente, le parti abbiano fatto rinvio.

L'applicazione del contratto collettivo di lavoro, precisa la Cassazione, richiede che le parti abbiano formulato una espressa adesione, oppure che siano entrambe iscritte alle associazioni stipulanti o, infine, che si possa ritenere il contratto collettivo implicitamente recepito per effetto di un comportamento concludente. Costituisce, a questo proposito, recepimento implicito del contratto collettivo di lavoro la costante e prolungata applicazione delle sue disposizioni al rapporto di lavoro.

Al di fuori di queste ipotesi, poiché il contratto collettivo nazionale di lavoro non ha efficacia erga omnes, la mera appartenenza dell'impresa al settore di attività cui si riferisce il contratto collettivo nazionale di lavoro non costituisce condizione sufficiente per legittimare il lavoratore a rivendicarne l'applicazione.

Le stesse regole si applicano, peraltro, ai contratti collettivi di secondo livello (territoriali e aziendali), rispetto ai quali operano le medesime previsioni di diritto comune sulla libertà negoziale delle parti.

Si tratta di un tema centrale nella gestione delle dinamiche sindacali, che si riflette sulla spinosa questione della esigibilità dei contratti collettivi nei confronti di tutti i lavoratori o dei soli lavoratori che siano iscritti alle sigle sindacali che hanno stipulato il contratto di secondo livello.

Si è cercato di mettere un argine con i recenti accordi interconfederali sulla rappresentanza, che hanno introdotto criteri maggioritari di approvazione delle intese aziendali per la loro efficacia nei confronti del personale.

In questo scenario si collocano anche le disposizioni della Legge Sacconi (articolo 8 del Dl 138/2011), che ammettono l'efficacia erga omnes del contratto collettivo di secondo livello, tra l'altro, in presenza di sottoscrizione da parte di associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sulla base di un criterio maggioritario. Ne costituisce fulgido esempio l'utilizzo sempre più frequente di questo strumento quale leva per superare i nuovi limiti sul ricorso ai contratti di lavoro temporaneo introdotti dal Decreto dignità.

L'ordinanza n. 11537/19 della Corte di cassazione

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