Contenzioso

Rito Fornero, la Cassazione interviene sulla portata della fase di opposizione

di Enrico De Luca e Antonella Iacobellis

La suprema corte, il 15 maggio 2019 con ordinanza numero 13025, è tornata a occuparsi della giusta portata da riconoscere alla seconda fase (detta di “opposizione”) del giudizio di primo grado instaurato in base all'articolo 1, comma 51, della legge 92/2012 (“rito Fornero").

La Corte di cassazione ha osservato che la fase di opposizione deve essere intesa non come una mera revisio prioris instantie della prima fase (detta “sommaria”) ma come una vera e propria prosecuzione del giudizio di primo grado che si ri-espande acquisendo i caratteri del procedimento ordinario del lavoro.

Sul punto la suprema corte ha, infatti, evidenziato che «in caso di soccombenza reciproca nella fase sommaria e di opposizione di una sola delle parti, l'altra parte può riproporre nella fase a cognizione piena, con la memoria difensiva, le domande e le eccezioni non accolte, anche dopo la scadenza del termine per presentare autonoma opposizione e senza necessità di formulare una domanda riconvenzionale con relativa istanza di fissazione di una nuova udienza ai sensi dell'articolo 418 del codice di procedura civile, atteso che l'opposizione non ha natura impugnatoria, ma produce la ri-espansione del giudizio, chiamando il giudice di primo grado ad esaminare l'oggetto dell'originaria impugnativa di licenziamento nella pienezza della cognizione integrale».

Entrando nel merito dei fatti di causa, un lavoratore ha adito il tribunale di Caltanissetta affinché venisse dichiarato illegittimo/nullo/invalido il licenziamento disciplinare intimatogli dal suo datore di lavoro. Sia nella prima fase del procedimento Fornero sia in quella dell'opposizione, il tribunale di Caltanissetta ha confermato l'illegittimità del licenziamento, riconoscendo una tutela esclusivamente indennitaria. Il datore di lavoro, infatti, è stato condannato al pagamento di un'indennità risarcitoria nella misura di 12 mensilità.

In fase di opposizione, lo stesso tribunale ha anche ritenuto il datore di lavoro decaduto dalla possibilità di proporre opposizione incidentale, stante l'omessa impugnazione nel termine di 30 giorni dalla pubblicazione del provvedimento giudiziale. Il datore di lavoro si è, invece, costituito 10 giorni prima dell'udienza prefissata per il giudizio di opposizione.

Avverso la decisione del giudice di primo grado il lavoratore ha presentato appello in via principale il lavoratore reclamando, tra l'altro, una maggiore tutela – quella reintegrativa o quella risarcitoria ma nella misura di 24 mensilità – e in via incidentale il datore di lavoro. Quest'ultimo ha censurato la ritenuta decadenza dall'opposizione incidentale, ribadendo le medesime doglianze formulate con l'opposizione incidentale già ritenuta inammissibile in primo grado.

La Corte territorialmente competente nel respingere i motivi di reclamo proposti dalle parti, si è soffermata in particolar modo e prioritariamente sul reclamo incidentale del datore di lavoro. Secondo la Corte distrettuale è corretta la decisione di inammissibilità dell'opposizione incidentale (con conseguente incontrovertibilità della statuizione sulla illegittimità del licenziamento) espressa dal tribunale. Ciò in quanto non può essere applicata, nell'ambito del giudizio di opposizione del rito Fornero, la disciplina dell'impugnazione tardiva prevista dall'articolo 334 del codice di procedura civile.

Avverso la sentenza della Corte d'appello, ha presentato ricorso in cassazione il lavoratore con due motivi e il datore di lavoro, in via incidentale, con quattro motivi. Ai nostri fini, rileva soffermarsi sul primo mezzo di gravame proposto dal datore di lavoro.
Nello specifico ha denunciato «la violazione e falsa applicazione dell'articolo 1, comma 51, della legge 92/2012 nella parte in cui la Corte d'appello ha confermato la tardività, già dichiarata in primo grado, della richiesta di riforma parziale dell'ordinanza ex articolo 1, comma 49, della legge 92/2012 formulata» dallo stesso in sede di costituzione nel giudizio radicato per effetto dell'impugnazione dell'ordinanza della prima fase del rito Fornero proposta dal lavoratore.

Questo motivo è stato ritenuto dalla Suprema corte pregiudiziale e assorbente investendo la questione della legittimità del licenziamento per giusta causa e, pertanto, meritevole di essere trattato per primo. I giudici, nell'accogliere il motivo in questione, hanno ripreso i dettami della pronuncia delle sezioni unite civili 19674/2014 secondo cui il carattere peculiare del rito Fornero - finalizzato all'accelerazione dei tempi del processo relativo all'applicazione delle tutele modellate dal novellato articolo 18 della legge 300/1970 - risiede nella scissione del giudizio di primo grado in due fasi: una a cognizione sommaria e l'altra, definita di opposizione, a cognizione piena, con accesso per le parti a tutti gli atti di istruzione ammissibili e rilevanti per la dimensione ordinaria.

Cosa accade quindi con la seconda fase di opposizione? Allorquando una delle parti propone «opposizione con ricorso contenente i requisiti di cui all'articolo 414 del codice di procedura civile, da depositare innanzi al tribunale che ha emesso il provvedimento opposto, a pena di decadenza, entro trenta giorni dalla notificazione dello stesso, o dalla comunicazione se anteriore» (comma 51), viene meno l'attitudine dell'ordinanza emessa in fase sommaria ad acquisire la stabilità della cosa giudicata (si veda Cassazione a sezioni unite 17443/2014 e 19674/2014), che consegue solo al caso in cui la stessa non venga opposta da alcuno nel termine di decadenza previsto (si veda Cassazione 21720/2018. Tant'è che «in seguito all'opposizione, l'ordinanza è integralmente sostituita dalla sentenza pronunciata all'esito della seconda fase che "provvede ... all'accoglimento o al rigetto della domanda" (comma 57 che richiama la stessa formula del comma 49) e non già alla semplice revoca o conferma dell'ordinanza emessa».

In altri termini, secondo la Cassazione, l'espresso richiamo
- all'articolo 414 del codice di procedura civile, quanto ai requisiti del ricorso in opposizione,
- all'articolo 416 dello stesso codice, quanto alla memoria di costituzione,
- e all'articolo 421, quanto ai poteri d'ufficio del giudice
non può non implicare che l'opposizione debba essere modellata sulla disciplina dell'ordinario giudizio di primo grado di cui agli articoli 413 e seguenti del codice di procedura civile, alla quale deve farsi riferimento per integrare quella speciale prevista dai commi 51-57 dell'articolo 1 della legge 92/2012.

Questa lettura consente così all'opposto, fino a dieci giorni prima dell'udienza, di costituirsi mediante deposito in cancelleria di memoria difensiva esecondo l’articolo 416 del codice di procedura civile. Memoria con la quale poter riproporre domande o difese non accolte anche qualora – come nel caso specifico - sia spirato il termine per proporre autonomo atto di opposizione. Ciò in quanto non è «ipotizzabile la formazione del giudicato su alcune statuizioni e non su altre della ordinanza opposta, a prescindere dalla scadenza del termine previsto per presentare autonoma opposizione».

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