Contenzioso

Decadenza e solidarietà contributiva in materia di appalto, inapplicabilità del termine biennale agli enti previdenziali

di Silvano Imbriaci

La norma sulla solidarietà retributiva e contributiva in materia di appalti (articolo 29 del Dlgs 276/2003), trova molte delle sue difficoltà interpretative nel fatto di essere stata oggetto di numerose modifiche e riscritture, oltre che di semplici integrazioni, nel corso del tempo, costringendo l'interprete ogni volta alla verifica della disciplina applicabile ratione temporis in ogni singola vicenda.

In ogni caso, fin dalla sua origine la norma contemplava, in caso di appalto di servizi, una forma di responsabilità solidale tra committente imprenditore e appaltatore, entro il termine di 1 anno dalla cessazione del contratto di appalto, per le retribuzioni spettanti ai lavoratori utilizzati nell'appalto e per il correlato obbligo contributivo. Dal 1° gennaio 2007 (per effetto dell'articolo 1, comma 911, della legge 296/2006), l'ambito temporale di responsabilità a decorrere dalla cessazione dell'appalto è stato portato a due anni e vede coinvolti oltre al committente e all'appaltatore anche eventuali subappaltatori (con termine abusato: la cosiddetta filiera).

In questa formulazione la norma è rimasta pressoché invariata e la disciplina della decadenza ha resistito anche all'ultimo restyling a opera del Dl 25/2017. Senza contare poi il fatto che accanto all'articolo 29, per un certo periodo di tempo, è rimasto in vigore l'articolo 35, comma 28, del Dl 223/2006 che, nella sua originaria formulazione (vigente fino al 28 aprile 2012) prevedeva la responsabilità in solido tra appaltatore e subappaltatore circa il versamento delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente nonché dei contributi previdenziali e assicurativi obbligatori per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dei dipendenti a carico del subappaltatore.

Tale norma è stata poi riformulata a opera del Dl 16/2012 che ha limitato le ipotesi di solidarietà al versamento all'erario delle ritenute sui redditi da lavoro dipendente e dell'Iva scaturita dalle fatture inerenti le prestazioni effettuate nell'ambito dell'appalto, per poi essere definitivamente abrogata (nei commi da 28 a 28 ter) dal Dlgs 175/2014. Da ultimo deve poi rilevarsi che, per effetto dell'articolo 9, primo comma del Dl 76/2013, le disposizioni di cui all'articolo 29, secondo comma, mentre trovano applicazione anche in relazione ai compensi e agli obblighi di natura previdenziale nei confronti dei lavoratori con contratto di lavoro autonomo, si arrestano di fronte ai contratti di appalto delle pubbliche amministrazioni.

In questo quadro normativo complesso, la sentenza della Cassazione numero 18004 del 4 luglio 2019 offre uno spunto di chiarezza interpretativa di cui occorre tener conto.

Tra i giudici di merito si era infatti formato, anche se non in modo univoco, un orientamento favorevole all'applicazione del termine biennale di decadenza anche all'azione di recupero della contribuzione da parte degli enti previdenziali, con conseguenze spesso preclusive in ordine alle effettive possibilità di riscossione di tali somme, stante la necessità spesso di complicati e lunghi accertamenti in sede ispettiva per la ricostruzione dei sistemi di appalto utilizzati e per l'individuazione dei lavoratori effettivamente coinvolti, con tempi spesso dilatati.

Con riferimento alla posizione dell'appaltante chiamato in solidarietà (ma il discorso vale ovviamente anche per gli altri soggetti) la Cassazione è stata chiamata a sciogliere il nodo dell'applicabilità del termine biennale anche agli enti, avuto riguardo anche alla specialità dell’obbligazione contributiva che, per sua natura, non è soggetta a decadenza ma solo alla prescrizione generale quinquennale in base all’articolo 3 della legge 335/1995.

In sintesi, la scelta di non rendere applicabile la decadenza biennale agli enti previdenziali si basa su alcune considerazioni precise che si possono così riassumere:
- la distinzione tra obbligo contributivo e obbligo retributivo: si tratta di due tipi di obbligazione che per loro natura e rilevanza sociale hanno campi di applicazione e natura ben distinte, pur essendo tra loro in rapporto di reciproca connessione;
- la pretesa contributiva è finalizzata alla soddisfazione di un interesse indiretto del lavoratore, ma diretto della collettività al finanziamento del sistema previdenziale;
- alla soddisfazione dell'obbligazione retributiva nel termine biennale deve seguire anche quella contributiva, che non può dipendere dal fatto incidentale della mancata attivazione (spesso incolpevole) da parte dell'Inps, nel termine breve di due anni, del credito in via giudiziale;
- la disciplina sull'intermediazione nelle prestazioni di lavoro (articolo 4 della legge 1360/1969), per molti varsa parallela a quella dell'articolo 29 e che prevedeva un termine annuale per l'esercizio dei diritti del prestatore di lavoro, limitava l'ambito di efficacia di tale termne solo ai diritti che il lavoratore poteva far valere in via diretta.

In definitiva, l'unico termine applicabile per l'azione di recupero dei contributi è quello prescrizionale quinquennale, sufficientemente idoneo a contemperare le esigenze di individuazione della corretta pretesa contributiva con quelle di certezza nei rapporti giuridici coinvolti.

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