Contenzioso

Se il datore di lavoro non adempie rischia di pagare i danni

di Daniele Colombo

Dalla pronuncia di nullità o illegittimità del licenziamento derivano precisi obblighi per il datore di lavoro. Tra le conseguenze, c’è il ripristino del rapporto di lavoro e la ricollocazione del lavoratore nello stesso posto (e luogo) precedentemente occupato.

Quali sono le conseguenze della mancata reintegra, quando la sentenza del giudice la dispone? A fronte di un ordine provvisorio di reintegrazione, infatti, l’azienda (salva l’ipotesi dell’esercizio dell’opzione o della risoluzione del rapporto di lavoro per mancata ripresa entro 30 giorni dall’invito del datore di lavoro), potrebbe decidere di non ottemperare, in attesa della conclusione dei vari gradi di giudizio, versando al lavoratore un’indennità risarcitoria pari alle retribuzioni dovute fino alla reintegrazione.

L’inadempimento del datore configura un «illecito istantaneo ad effetti permanenti» da cui deriva un’obbligazione risarcitoria del danno da parte del datore nei confronti del dipendente non reintegrato. Ciò determina la natura risarcitoria (e non retributiva) dell’indennità e l’obbligo del lavoratore di restituirla qualora l’ordine di reintegrazione non sia confermato nei successivi gradi di giudizio (Corte costituzionale, sentenza 86/2018).

Il mancato adempimento dell’ordine di reintegra espone anche il datore al rischio di dover risarcire ulteriori danni patrimoniali e/o non eventualmente subiti dal lavoratore (come il danno per il mancato reinserimento nell’organizzazione del lavoro, il danno alla salute, la perdita di chance). L’onere di provare questi ulteriori danni spetta al dipendente, che potrà darne dimostrazione anche tramite presunzioni (Cassazione, sezione lavoro, sentenza 9073 del 15 aprile 2013 e Tribunale di Roma, sentenza del 22 aprile 2015).

Il datore di lavoro che non provvede alla reintegra commette reato? La questione dei possibili risvolti penali della mancata reintegrazione riguarda l’eventuale applicazione dell’articolo 388 del Codice penale (mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice). È un reato ravvisabile quando il datore di lavoro, per sottrarsi all’adempimento degli obblighi derivanti da un provvedimento dell’autorità giudiziaria, o dei quali è in corso l’accertamento davanti al giudice, compie, sui beni propri o altrui, atti simulati o fraudolenti, o commette allo stesso scopo altri fatti fraudolenti. Il reato previsto dall’articolo 388, comma 1, del Codice penale, quindi, è integrato quando la condotta del datore di lavoro consiste nel compimento di atti simulati o fraudolenti o di fatti fraudolenti,per sottrarsi all’adempimento degli obblighi che derivano da una sentenza di condanna. In tutti gli altri casi (semplice inosservanza dell’ordine di reintegrazione ), la fattispecie di reato non sembra potersi integrare.

Neppure pare ipotizzabile il reato previsto dall’articolo 650 del Codice penale, che si riferisce all’inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità.

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