Previdenza

Pensione complementare dei dirigenti con tetto più alto e oneri modulabili

di Antonello Orlando

Il rinnovo del contratto collettivo dei dirigenti industriali siglato lo scorso 30 luglio da Federmanager e Confindustria ha modificato il capitolo della previdenza complementare in modo radicale.

Nella precedente versione il contratto nazionale vero e proprio conteneva principalmente un rimando al verbale di accordo fra le medesime parti sociali del 25 novembre 2009 (allegato numero 5 al Ccnl), mentre la nuova stesura modifica integralmente l'articolo 18, portando la disciplina organica dell'accumulo al fondo di previdenza complementare all’interno del testo contrattuale e sottolineandone il valore cruciale anche nel pacchetto retributivo dei manager.

Massimale e ripartizione
Il nuovo accordo ridefinisce la misura della contribuzione in accumulo del fondo, aumentandone per prima cosa il massimale retributivo. I contributi vengono versati dall’impresa e dal dirigente sulla retribuzione globale lorda utile ai fini del Tfr entro un limite (analogamente a quanto avviene nel caso dei contributi Inps per chi è iscritto per la prima volta dopo il 1995) che, nella vecchia previsione contrattuale, era pari a 150.000 euro all’anno e sale dal 2020 a 180.000 euro.

Oltre all’aumento della misura della contribuzione, il nuovo contratto collettivo disegna un welfare previdenziale più dinamico che consenta all’azienda di utilizzare la contribuzione al Previndai quale punto di forza del pacchetto retributivo: l’aliquota ordinaria è sempre fissata all’8% della retribuzione lorda annua fino al massimale, ma la ripartizione dell’onere contributivo fissata in misura pari fra le due parti (4% a carico azienda e 4% a carico dirigente), può essere modificata mediante accordo, con incremento della quota a carico azienda del 3%, lasciando al dirigente una spesa residuale dell’1 per cento.

Per un dirigente che percepisca oltre 180.000 euro all’anno ciò si tradurrà in un risparmio di 5.400 euro ogni 12 mesi: se con l’aliquota ordinaria del 4%, ciascuna delle due parti sostiene un onere di 7.200 euro, redistribuendo il carico al 7% a carico azienda e l’1% a carico dirigente, la spesa risulta pari per l’impresa a 12.600 euro e per il dirigente a soli 1.800 euro.

Regole fiscali
Va tuttavia tenuto conto che, ai fini della deducibilità fiscale stabilita dall’articolo 10, lettera e-bis del Tuir, sia la quota a carico azienda sia quella del dirigente concorrono al plafond massimo di deduzione di 5.164,57 euro annui, motivo per cui, al superamento dello stesso limite annuale, l’eccedenza (pari, nel caso di retribuzioni pari o superiori al massimale, a 9.235 euro) aumenterà l’imponibile fiscale del dirigente. Il dirigente comunicherà ogni anno al fondo i contributi non dedotti, di modo che in fase di erogazione questi non vengano nuovamente tassati, garantendo una quota di prestazione esente da qualsiasi prelievo fiscale in quanto già assoggettata in fase di accumulo.

Per i più giovani
Dal momento che le nuove generazioni di dirigenti (prive di contributi prima del 1996) rientrano tutte nel metodo contributivo puro e applicano soprattutto il massimale contributivo Inps sulla pensione di primo pilastro (102.543 euro nel 2019), il peso della previdenza complementare giocherà sempre di più un ruolo di primo piano nella costruzione di un welfare pensionistico, anche alla luce della tassazione più che favorevole delle prestazioni erogate dal fondo (dal 15 al 9% di imposta definitiva sia per le rendite sia per i capitali accantonati dal 2007).

In questa ottica il Ccnl amplia il massimale retributivo, rende più elastica la divisione dell’onere contributivo in fase di accumulo e, ancora, allarga la platea dei beneficiari del contributo minimo aziendale. Quest’ultimo a carico dell’azienda, anche se resta fissato a 4.800 euro annui, registra la novità attiva dal 2022 (con possibilità di anticiparne l’applicazione su base volontaria) di divenire obbligatorio per l’azienda non più solo in favore dei dirigenti con una retribuzione inferiore a 120.000 euro che versino anche la quota a proprio carico e abbiano un’anzianità dirigenziale presso l’impresa superiore a 6 anni compiuti, ma alla semplice condizione che risultino iscritti al fondo con una quota contributiva a proprio carico, senza più alcuna seniority minima richiesta.

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