Contenzioso

Omesso versamento ritenute, necessaria la prova del rilascio delle certificazioni

di Salvatore Servidio

Ai fini della condanna per il mancato pagamento delle ritenute previdenziali è necessaria la prova del rilascio delle certificazioni da parte dell'imprenditore ai suoi dipendenti non essendo sufficienti il pagamento degli stipendi e la presentazione del modello 770. È quanto deciso della terza sezione penale della Corte di cassazione con la sentenza 29 agosto 2019 numero 36614.

La Corte d'appello ha confermato la sentenza di primo grado con la quale un contribuente era stato condannato alla pena della reclusione perché colpevole del reato di omesso versamento di ritenute certificate in relazione al periodo di imposta 2011 (articolo 10-bis del Dlgs 10 marzo 2000, numero 74), per un importo superiore alla prevista soglia di punibilità di 150.000 euro.

Nel conseguente ricorso per Cassazione l'imputato deduce, per quanto qui di interesse, violazione dell'articolo 10-bis del Dlgs 74/2000 dell'articolo 4, commi 1 e 6-ter, del Dpr 22 luglio 1998, numero 322, per non avere il giudice di appello considerato che, ai fini dell'integrazione del delitto in questione, occorre la prova del rilascio ai sostituiti delle certificazioni da parte del datore di lavoro, non essendo sufficiente il semplice modello 770. In assenza di prova certa del rilascio delle certificazioni ai sostituiti, il reato non poteva dirsi sussistere.

Con la pronuncia 36614/2019 in esame, la Cassazione accoglie in parte il ricorso dell'imputato, affermando che ai fini della condanna per il mancato pagamento delle ritenute previdenziali è necessaria la prova del rilascio delle certificazioni da parte dell'imprenditore ai suoi dipendenti non essendo sufficienti il pagamento degli stipendi e la presentazione del modello 770.

Nel merito, le trame argomentative della sentenza si sostanziano nel considerare che la prova del rilascio delle certificazioni da parte dell'imprenditore ai suoi dipendenti è «fondamentale» ai fini della condanna per il mancato pagamento delle ritenute previdenziali, in quanto non sono sufficienti – a tal fine - i soli pagamenti degli stipendi e la presentazione del modello 770.

Infatti, ai sensi dell'articolo 4, commi 1 e 6-ter, del Dpr 322/1998, i sostituti d'imposta utilizzano la certificazione unica per attestare i redditi di lavoro dipendente e assimilati, i redditi di lavoro autonomo, provvigioni e redditi diversi nonché i corrispettivi derivanti dai contratti di locazioni brevi. La certificazione va rilasciata al percettore delle somme, utilizzando il modello "sintetico" entro il 31 marzo mentre la trasmissione all'agenzia delle Entrate, utilizzando il modello "ordinario" deve essere effettuata entro il 7 marzo, in via telematica.

Se è ben vero che la presentazione del modello 770 – nel suo aspetto atomistico - può costituire mero indizio del rilascio delle certificazioni ai sostituti, è altrettanto vero che, ai fini della prova, occorrono più indizi gravi, univoci e concordanti, valutati nel loro insieme unitario, sicché il rigoroso e obiettivo accertamento del dato ignoto deve essere lo sbocco necessitato e strettamente conseguenziale, sul piano logico-giuridico, per dare certezza alla attribuibilità del fatto illecito a un comportamento concludente dell'imputato.

Del tutto priva di valore indiziario rispetto alla prova del rilascio delle certificazioni ai sostituti era la circostanza che il ricorrente, in qualità di legale rappresentante della società, avesse provveduto al pagamento degli stipendi ai dipendenti nel periodo in questione, posto che attribuire natura di indizio a detto comportamento, indipendentemente dall'esistenza di altri validi elementi di giudizio a suo carico, porterebbe a un'inammissibile inversione dell'onere della prova, di tal che dovrebbe essere l'imputato a fornire la prova del mancato rilascio delle certificazioni ai sostituti e non la pubblica accusa ad addurre gli elementi, convincenti, idonei a dimostrarne il rilascio.

Si tratta di una soluzione, questa, respinta anche dalle sezioni unite della Cassazione (sentenza 1° giugno 2018, numero 24782) le quali hanno ribadito come il pubblico ministero non è comunque esonerato da tale prova per il fatto che l'imputato non abbia allegato circostanze ed elementi in senso contrario, non essendo, nell'ordinamento processuale penale, previsto un onere probatorio a carico dell'imputato modellato sui principi propri del processo civile.

Si tratta, in ultima analisi, di ragionamento che aderisce all'orientamento che richiede, ai fini della prova del reato in esame "ratione temporis", il rilascio effettivo della certificazione ai sostituiti (Cassazione, 23 settembre 2017, numero 2393), tenuto conto anche dell'evoluzione legislativa che ha determinato inevitabili riflessi sull'esegesi della norma penal-tributaria applicabile nella specie (articolo 7 del Dlgs 24 settembre 2015, numero 158, di modifica dell'articolo 10-bis del Dlgs 74/2000) estendendo l'ambito di operatività della norma alle ipotesi di omesso versamento di ritenute dovute sulla base della dichiarazione proveniente dal datore di lavoro (mod. 770). Contestualmente, il giudice di legittimità ribadisce l'irrilevanza della crisi di liquidità quale scusante dell'omesso versamento.

La sentenza 36278/2019 - Merita di essere ricordato che, appena qualche giorno prima, la Suprema corte (sentenza 21 agosto 2019, numero 36278) ha affermato in un contesto non dissimile da quello in esame che l'imputato del reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali può invocare l'assoluta impossibilità di adempiere il debito, quale causa di esclusione della responsabilità penale, a condizione che provveda ad assolvere gli oneri di allegazione concernenti sia il profilo della non imputabilità a lui medesimo della crisi economica che ha investito l'azienda, sia l'aspetto della impossibilità di fronteggiare la crisi di liquidità tramite il ricorso a misure idonee, da valutarsi in concreto.

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