Contenzioso

Iscrizione a ruolo di crediti previdenziali e insinuazione al passivo

di Silvano Imbriaci

L'ordinanza della I sezione civile della Corte di Cassazione del 2 ottobre 2019, n. 24589 offre all'interprete l'occasione di soffermarsi su un tema poco frequentato ma sicuramente di una certa rilevanza pratica, e non solo teorica: i rapporti tra le modalità di recupero dei crediti contributivi e il fallimento dichiarato del datore di lavoro-debitore. La vicenda prende le mosse dalla mancata ammissione di un credito per contributi previdenziali a seguito di insinuazione promossa dall'ente incaricato della riscossione (in questo caso: Riscossione Sicilia s.p.a.) per conto dell'INPS. Il giudice fallimentare non aveva ritenuto di accogliere l'opposizione alla mancata ammissione rilevando che la riscossione era fondata su un avviso di addebito formato e/o notificato in data successiva alla dichiarazione di fallimento e dunque in violazione del principio, di stretta derivazione tributaria, della necessaria presenza di un titolo esecutivo dotato di data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento ai fini dell'ammissione, del credito ivi contenuto, al passivo.
Nell'affrontare la questione, la Cassazione sgombera il campo da ogni dubbio relativo alla necessaria presenza in giudizio anche dell'ente impositore (INPS), titolare del credito e soggetto a cui si deve l'attivazione del procedimento di formazione dell'avviso di addebito. Come è noto, ai fini della riscossione dei contributi e premi dovuti agli enti pubblici previdenziali, il D.Lgs. n. 46/1999 (artt. 24 e ss.) prevede espressamente l'utilizzazione del meccanismo dell'iscrizione a ruolo, quale atto formato dall'ente impositore e successivamente trasmesso al soggetto incaricato della riscossione (oggi Agenzia delle Entrate), che da quel momento provvederà ad incardinare il credito in una cartella di pagamento, alla sua notifica e all'attività esecutiva conseguente. Esclusivamente con riferimento alle entrate INPS, dal 1° gennaio 2011 l'attività di riscossione è preceduta dalla notifica di un avviso di addebito con valore di titolo esecutivo (art. 30, I comma, D.L. n. 78/2010 – conv. in l. n. 122/2010; cfr. circ. INPS n. 168/2010), con un sistema che, a differenza del precedente, si caratterizza per la trasmissione al soggetto incaricato della riscossione di un titolo già formato (l'avviso di addebito, appunto) e notificato al debitore direttamente a cura dell'INPS. Pur con le opportune precisazioni (vedi la norma di coordinamento che applica il D.Lgs. n.46/1999 anche all'avviso di addebito: art. 30, comma IV, D.L. n. 78/2010 cit.), in entrambi i casi vi è dunque una scissione tra l'ente creditore e l'ente che svolge attività di riscossione vera e propria del credito contributivo.
Non è dunque del tutto corretto pensare che l'INPS iscriva ancora a ruolo i crediti, in quanto il procedimento è quello della formazione diretta dell'avviso di addebito. In ogni caso la sostanza non cambia, in quanto non vi è un litisconsorzio necessario con l'ente impositore quando il giudizio di accertamento del credito sia promosso dal concessionario della riscossione. Soprattutto quando la questione controversa non riguardi affatto, come nel caso di specie, il merito della pretesa contributiva (l'omissione è pacifica), quanto l'idoneità del ruolo esattoriale a costituire titolo per la riscossione (più esattamente: la possibilità di insinuare il credito anche senza che si sia formato e/o notificato, al momento della richiesta, l'avviso di addebito). Su questo punto la decisione della Cassazione è molto chiara. Il giudice fallimentare ha conferito rilievo determinante alla mancata notifica dell'avviso di addebito, ossia al fatto che il procedimento di formazione del titolo stragiudiziale non si era concluso con l'atto necessario a portare il debitore a conoscenza dell'esistenza del credito. Tale circostanza esclude, secondo il giudice fallimentare, l'efficacia esecutiva del ruolo (dell'avviso), così come accade nel caso di esecuzione individuale.
La Cassazione rileva invece che i crediti contributivi azionati dalle società concessionarie, in caso di intervenuta dichiarazione di fallimento, devono seguire l'iter pèrocedurale indicato dagli artt. 92 e ss. l.f.: la domanda di ammissione al passivo può essere presentata anche sulla base del semplice estratto di ruolo, non essendo necessario che sia notificata la cartella di pagamento. Ciò che rileva è la verifica della fondatezza del credito, con la possibilità, per il Curatore, di chiedere al concessionario l'integrazione della prova del credito, con la produzione di documentazione giustificativa dello stesso: il titolo stragiudiziale, quando non si sia consolidato, non costituisce di per sé prova, in quanto occorre risalire agli elementi che hanno determinato la formazione del titolo stesso. Lo stesso art. 24 III comma del D.Lgs. n. 46/1999 cit., consente l'iscrizione a ruolo (la formazione dell'avviso di addebito) sulla base di una decisione del competente organo amministrativo sulla contestazione del credito (accertato dagli uffici) richiedendo il provvedimento esecutivo del giudice solo in presenza di impugnazione giudiziale del verbale di accertamento o comunque di ricorso in accertamento negativo da parte del debitore.
In conclusione, quindi, l'agente della riscossione potrà chiedere l'ammissione del credito contributivo quando ancora non si sia formato l'avviso di addebito, o comunque non sia stato notificato, purché naturalmente la fondatezza della pretesa contributiva sia ricavabile da altre prove di tipo documentale, secondo una valutazione rimessa agli organi della procedura.

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