Contenzioso

Illegittimo licenziare il lavoratore che usa i permessi 104 per un’emergenza

di Marcello Floris

Il licenziamento di un lavoratore che ha usato impropriamente i permessi della legge 104 del 1992 è illegittimo se risulta che la condotta del lavoratore non sia dall’origine preordinata a usare in modo illecito i permessi per finalità diverse dall’assistenza al familiare disabile. È quanto ha stabilito la Corte di cassazione con la sentenza 26956 del 22 ottobre 2019.
In particolare, un lavoratore che fruiva dei permessi, è stato licenziato per aver sfruttato 3 di tali permessi invece che per l'assistenza al padre invalido, per seguire l'andamento di alcuni lavori in casa propria resi necessari da una improvvisa infiltrazione d'acqua. La Cassazione, in linea con i precedenti giudizi di merito, ha ritenuto il licenziamento illegittimo in ragione della scarsa gravità dell'addebito e della considerazione per cui la sanzione espulsiva debba sempre essere adeguata alla mancanza addebitata.

Secondo la Corte dunque non ci sarebbe proporzionalità se il dipendente si trovi costretto da un caso fortuito a sottrarre tempo all'assistenza.
La Cassazione ha specificato che il permesso mensile retribuito di cui all'art. 33 comma 3 legge 104 del 1992 è espressione dello stato sociale che eroga una provvidenza in forma indiretta, tramite facilitazioni e incentivi ai congiunti che si fanno carico dell'assistenza di un parente disabile. È quindi uno strumento di politica socio-assistenziale destinato alla tutela della salute psico-fisica del disabile, quale diritto fondamentale dell'individuo tutelato dall'art. 32 della Costituzione.

Il rilievo costituzionale dell'interesse protetto giustifica pertanto sia l'obbligo a carico del datore di concedere i permessi retribuiti, sia quello posto a carico della comunità attraverso l'ente previdenziale. Come puntualizzato da Cassazione 17968 del 2016, discende dalla specifica ratio dell'istituto che l'assenza per fruizione dei permessi si ponga in relazione diretta con l'assistenza al disabile. Di conseguenza, se questo nesso causale tra assenza e assistenza manca del tutto, si avrà un abuso del diritto (Cass. 17968/2016). Tale condotta nei confronti del datore di lavoro è certamente lesiva della buona fede, privandolo ingiustamente della prestazione lavorativa in violazione dell'affidamento riposto nel dipendente ed integra nei confronti dell'ente di previdenza erogatore del trattamento economico, un'indebita percezione dell'indennità ed uno sviamento dell'intervento assistenziale (Cass. n. 4984 del 2014).

Fermo restando il disvalore del fatto contestato, la conferma dell' illegittimità del licenziamento deriva dalla non proporzionalità della sanzione espulsiva. La condotta in esame non appare, secondo la Cassazione, in concreto tale da giustificare la risoluzione del rapporto. Dagli elementi acquisiti al giudizio non emerge da parte del lavoratore una preordinata operazione diretta all’indebita fruizione dei permessi al solo fine di svolgere attività estranee all’assistenza del congiunto.
Sulla scorta di questa motivazione la Cassazione ha ritenuto corretto escludere la proporzionalità della sanzione espulsiva in quanto dimostrato in giudizio che il dipendente era stato costretto a trascurare l'assistenza a causa di un imprevisto non programmabile, per di più non avendo il datore dimostrato che il lavoratore aveva utilizzato tali giorni di permesso unicamente a fini ulteriori rispetto alla cura del parente disabile.

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