Contenzioso

Trasferimento organizzativo se il dipendente crea tensioni in ufficio

di Giulia Bifano e Massimiliano Biolchini

Se il datore di lavoro è in grado di dimostrare che la presenza del dipendente in una certa sede o unità produttiva genera tensioni o contrasti tali da compromettere il buon andamento dell'ufficio, il trasferimento per incompatibilità ambientale è legittimo senza necessità che vengano osservate particolari garanzie sostanziali e procedurali. Ciò perché, quando disposto per ovviare a uno stato di disorganizzazione e disfunzione dell'unità produttiva, il trasferimento del lavoratore non ha natura disciplinare, ma va ricondotto a quelle esigenze tecniche, organizzative e produttive dell'impresa che, in base all'articolo 2103 del Codice civile, rendono il provvedimento lecito indipendentemente dalla “colpa” del dipendente trasferito.

Lo ha ribadito la Corte di cassazione con l'ordinanza 27345/2019, decidendo sul caso di un dipendente del ministero degli Affari esteri che, in servizio all'estero presso un consolato, era stato richiamato in Italia a seguito della denuncia di alcune carenze e omissioni di cui il lavoratore sarebbe stato responsabile nel rilascio di alcuni visti a cittadini stranieri.

In sede di primo grado, il Tribunale di Roma aveva dichiarato l'illegittimità del trasferimento poiché sorretto da ragioni non organizzative ma sanzionatorie, confermate dalla circostanza che le stesse condotte erano state anche oggetto di un separato e non concluso procedimento disciplinare.

Accogliendo l'impugnazione del Ministero, la Corte d'appello di Roma ribaltava la decisione di primo grado, affermando come la legittimità di un trasferimento per incompatibilità ambientale non richieda l'osservanza delle garanzie procedurali preposte all'adozione di sanzioni disciplinari, poiché si tratta di una decisione datoriale del tutto indipendente, tanto nell'impiego privato quanto nel pubblico privatizzato, da qualsiasi valutazione in merito alla colpa o responsabilità del lavoratore. E infatti la liceità di un trasferimento dovuto a motivi di incompatibilità aziendale va valutata alla luce dalla sola ragionevolezza della scelta datoriale, da misurarsi su un piano di natura tecnica, organizzativa e produttiva.

In particolare, proseguiva la Corte d'appello, il fatto che il comportamento di un dipendente generi all'interno dell'ufficio un clima di sfiducia tale da pregiudicare il buon andamento e il prestigio della struttura vale di per sé a legittimare la scelta di trasferire il medesimo dipendente. Scelta, questa, che non può che prescindere da qualsiasi valutazione della responsabilità disciplinare del dipendente, dovendo invece essere attribuita alla necessità organizzativa dell'impresa di non vedere compromesso il normale svolgimento dell'attività lavorativa.

Investita della questione, la Corte di cassazione ha confermato le peculiarità del trasferimento per incompatibilità ambientale evidenziate dalla Corte d'appello, ribadendo il proprio orientamento in base al quale, come già recentemente affermato nella decisione n. 10833/2017, per parlare compiutamente di ragioni organizzative preposte al trasferimento del proprio dipendente, l'incompatibilità ambientale deve oggettivamente essere idonea a generare disfunzione e disorganizzazione nella struttura aziendale, in base a situazioni soggettive o oggettive proprie del lavoratore o dell'ufficio stesso. Pertanto, a nulla rileva il fatto che il dipendente sia o meno sanzionabile per le circostanze che determinano una simile incompatibilità e fondano dunque la scelta del datore di disporne lo spostamento di sede: ciò che conta, infatti, è che l'organizzazione e la produttività dell'unità ne traggano concreto e diretto beneficio.

Nessuna censura può quindi essere mossa all'impresa che, a fronte di simili circostanze, comunichi al lavoratore il trasferimento senza preliminarmente espletare una procedura atta ad accertare la responsabilità di quest'ultimo, poiché irrilevante. Inoltre, vale la pena di ricordare come la Cassazione abbia anche chiarito, con l'ordinanza 27226/2018, come il controllo giudiziale su un simile provvedimento non potrà comunque estendersi al merito della scelta imprenditoriale: e infatti non è necessario che una simile decisione sia inevitabile, essendo invece sufficiente che la stessa sia almeno una tra le possibili scelte ragionevoli che il datore di lavoro possa adottare sul piano tecnico, organizzativo o produttivo.

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