Contenzioso

Valido, se ratificato, il licenziamento intimato da un soggetto senza rappresentanza

di Angelo Zambelli

La sentenza 28496/2019 della Corte di cassazione, depositata il 6 novembre scorso, offre interessanti spunti in materia di rappresentanza e titolarità del potere disciplinare qualora il datore di lavoro sia un soggetto munito di personalità giuridica.

Nel caso specifico il dipendente, licenziato per giusta causa il 18 giugno 2015, ha impugnato il recesso sotto plurimi profili, tra cui - per quanto qui di interesse - l'illegittimità dello stesso, nonché della precedente contestazione disciplinare, in quanto provenienti dal direttore del personale e non dal presidente del Cda o dall'amministratore delegato.

Tale eccezione, articolata nella fase sommaria del cosiddetto rito Fornero e riproposta negli ulteriori gradi di giudizio, veniva rigettata sia dal Tribunale, sia dalla Corte territoriale.
Ricorreva dunque in Cassazione il dipendente, il quale, con il primo motivo di ricorso, eccepiva l'erroneità della sentenza resa dalla Corte d'appello per violazione degli articoli 1398, 1399 e 1375 del codice civile, rubricati, rispettivamente, «rappresentanza senza potere», «ratifica» e «esecuzione di buona fede».

La Corte di legittimità, confermando la sentenza impugnata, ha rigettato l'eccezione del ricorrente, affermando come la stessa fosse stata «congruamente respinta» in sede d'appello sulla base del fatto che «il capo del personale era procuratore speciale della datrice, in forza di procura conferita con atto notarile…con titolarità di poteri in ordine alla gestione delle risorse umane e rappresentanza dell'azienda e, d'altro canto, …era stato autorizzato alla risoluzione del rapporto…, mentre il Consiglio di amministrazione aveva deliberato la ratifica dell'operato del direttore del personale con verbale successivo».

La Suprema corte, nel rigettare il primo motivo di ricorso, ha dunque confermato il proprio consolidato orientamento in tema di potestas disciplinare. La Cassazione, infatti, ha più volte affermato il principio di diritto secondo cui la disciplina dettata dall'articolo 1399 del Codice civile - che prevede la possibilità di ratifica con effetto retroattivo del contratto concluso dal soggetto privo del potere di rappresentanza - è applicabile, in virtù dell'articolo 1324 del Codice civile, anche a negozi unilaterali quali, ad esempio, il licenziamento.
Ne consegue, pertanto, che nell'ipotesi in cui la dichiarazione di recesso provenga da un soggetto sfornito del potere di rappresentanza del datore di lavoro, l'organo rappresentativo della società potrà efficacemente ratificare il licenziamento intimato.

In tale ipotesi, come più volte precisato dalla giurisprudenza di legittimità, si «realizza una situazione soggettivamente complessa a formazione successiva, destinata a perfezionarsi con la ratifica del dominus, in mancanza della quale l'atto di recesso non è né nullo, né annullabile, ma temporaneamente privo di effetti e soltanto nei confronti dell'ente irregolarmente rappresentato: questo è l'unico soggetto dal quale tale temporanea inefficacia è rilevabile, finché non intervenga la ratifica» (Cassazione 17999/2019. In termini: Cassazione 22717/2015; 8459/2011).

Come dire, medio tempore, l'unica a potersi dolere di un recesso intimato da un falsus procurator è la società rappresentata, non il dipendente licenziato.

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