Contenzioso

Il giudice non restituisce i contributi se non è stata fatta domanda amministrativa

di Patrizia Maciocchi

Improponibile in sede giudiziaria la domanda di restituzione dei contributi versati alla Cassa forense, dal legale cancellato per incompatibilità, se non è stata preceduta da un'istanza amministrativa. La Corte di cassazione, con la sentenza 30670/2019, accoglie il ricorso della Cassa di previdenza degli avvocati che aveva perso sia in primo grado sia in appello.

Motivo del contendere, con un ex iscritto, era poco meno di un milione e mezzo di contributi che la cassa era stata condannata a restituire, con gli arretrati, al professionista dopo averlo cancellato nel 2007, con effetto retroattivo al 1991 per incompatibilità.

Ad avviso della ricorrente la restituzione non era dovuta perché la pretesa era stata avanzata solo in tribunale, senza essere stata proposta prima in via amministrativa. Per la Corte d'appello ciò non era un problema: la restituzione del contributo integrativo era comunque dovuta perché era venuto meno il titolo che giustificava il versamento. Lo stesso valeva per gli arretrati calcolati dalla data della delibera di cancellazione: momento dal quale andava esclusa la buona fede nella percezione.

La Cassazione ribalta il verdetto, dando un peso determinante all'assenza della domanda amministrativa. Nello specifico, non solo l'avvocato non aveva seguito la prassi dell'istanza amministrativa - come previsto dall'articolo 3 della legge 319/1975, modificato dall'articolo 22 della legge 576/1980 - ma aveva anzi diffidato la Cassa forense dal restituire i soldi versati nel periodo di incompatibilità, fino a quando il motivo del contendere non fosse stato risolto con sentenza definitiva.

La Suprema corte spiega però all'avvocato che la domanda amministrativa è utile proprio per deflazionare il contenzioso, consentendo una valutazione “filtro” prima di adire il tribunale. La conseguenza per chi non la fa, come nel caso esaminato, è l'improponibilità in giudizio.

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