Contenzioso

Infortuni senza concorso di colpa se si violano obblighi di prevenzione

di Luigi Caiazza

La condotta incauta del lavoratore non comporta “concorso” di colpa idoneo a ridurre la misura del risarcimento ogni volta in cui la violazione di un obbligo di prevenzione da parte del datore di lavoro sia giuridicamente da considerare munita di «incidenza esclusiva» rispetto alla determinazione dell’evento dannoso.

È questo uno dei principi espressi dalla Corte di cassazione, Sezione Lavoro, con la sentenza n. 30679/2019 del 25 novembre scorso in base alla quale, nell’accogliere il ricorso di un lavoratore, ha modificato la sentenza della Corte territoriale, la quale, invece, aveva riconosciuto a danno del lavoratore il concorso di colpa nell’infortunio occorsogli, quantificando il risarcimento del danno in misura del 35% del totale, sulla base di un contributo causale del 65% da parte del lavoratore stesso.

L’evento si era verificato a causa del crollo di un capannone in fase di smontaggio, benché l’infortunato fosse stato informalmente avvertito dal suo superiore, tramite terza persona, che tale lavoro doveva essere rinviato ad altra data.

La vertenza ha fornito alla Corte di legittimità motivo e occasione per fornire una corretta valutazione sulla rilevanza o meno del concorso di colpa negli infortuni sul lavoro.

Una prima ipotesi riguarda i casi di rischio elettivo, inteso come comportamento volontario palesemente abnorme e svincolato da qualsiasi forza maggiore adottato dal lavoratore: in queste circostanze la responsabilità datoriale è completamente esclusa.

Può capitare, invece, che concorrano nell’evento comportamenti colposi del lavoratore, con conseguente applicazione dell’articolo 1227 del Codice civile, il che determinerà la conseguente diminuzione del risarcimento in base alla gravità della colpa.

Se questo è il contesto di riferimento - spiegano i giudici di legittimità - resta comunque centrale la regola di diritto secondo cui, una volta individuata una cautela idonea a impedire il rischio d’infortunio(specificamente prevista o deducibile da regole di prudenza, perizia e diligenza richieste dal caso concreto), nel caso in cui essa non sia stata attuata «resta radicata» la responsabilità datoriale. Per la Cassazione, del resto, nei rapporti di lavoro il massimo rilievo da attribuire ai doveri di protezione è conseguenza diretta della sussistenza in capo al garante di poteri unilaterali di direzione e organizzazione.

Se nelle vicende dell’evento che intervengono a determinare l’infortunio emergano quindi, come nel caso in esame, comportamenti incauti del lavoratore che possano riconnettersi in modo diretto all’inosservanza di doveri informativi (o formativi) del datore di lavoro, tali da rendere altamente presumibile che, ove quegli obblighi fossero stati assolti, quel comportamento (incauto) non vi sarebbe stato, non è possibile comunque addossare al lavoratore una colpa idonea a concorrere con l’inadempimento datoriale e che sia tale da ridurre la misura del risarcimento dovuto in base all’articolo 1227 del Codice civile.

Un principio quest’ultimo da cui, secondo la Cassazione, si è discostato il giudice di merito nel caso oggetto della sentenza in esame.

Del resto, come sostiene la stessa sentenza, di concorso di colpa nell’illecito non si può mai parlare se, pur in presenza di un comportamento del lavoratore astrattamente non rispettoso di regole cautelari, tale comportamento si colloca nella mancata adozione da parte di datore di lavoro di forme tipiche o atipiche di prevenzione che avrebbero consentito di impedire con significativa probabilità il verificarsi dell’evento.

La sentenza n. 30679/2019 della Corte di cassazione

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