Contenzioso

Nei contratti collettivi clausole da interpretare anche alla luce delle prassi aziendali

di Giuseppe Bulgarini d'Elci

Le disposizioni dei contratti collettivi richiedono di essere interpretate facendo riferimento ai generali criteri ermeneutici del Codice civile, tra cui spicca la regola per la quale le norme (dei contratti collettivi) vanno lette in una dimensione unitaria, attribuendo a ciascuna clausola il senso che emerge da una loro complessiva valutazione. In altre parole, le norme del contratto collettivo si interpretano le une per mezzo delle altre, non essendo sempre possibile individuarne il significato intrinseco attraverso la mera interpretazione letterale della singola disposizione che regola la materia.

La Cassazione (ordinanza n. 31153 del 28 novembre 2019) osserva che, alla luce delle dinamiche che muovono le relazioni industriali nel nostro Paese e del particolare linguaggio in uso, che risulta “non necessariamente coincidente con quello comune”, la volontà delle parti non sempre si evince agevolmente dalla lettura del dato testuale.

A rendere più complessa la corretta comprensione delle disposizioni del Ccnl, prosegue la Cassazione, interviene il fatto che la contrattazione collettiva si articola in differenti livelli perché al piano nazionale si aggiungono i contratti provinciali e quelli aziendali, chiamati a disciplinare le stesse materie. A ciò si deve aggiungere che nel rapporto di lavoro gli istituti sono interdipendenti gli uni dagli altri, rendendosi, pertanto, necessaria una lettura del dato testuale coerente con le altre norme della contrattazione collettiva.

Infine, la Cassazione prende atto del peso centrale che nei luoghi di lavoro assumono gli usi e la prassi, i quali hanno carattere vincolante e intervengono anch'essi per definire nei suoi dettagli più concreti i diritti e gli obblighi che incombono sulle parti del rapporto di lavoro.

Il caso sul quale è stata chiamata a pronunciarsi la Corte di legittimità era relativo all'applicazione a un gruppo di addetti vendita dell'orario di lavoro di 38 ore settimanali previsto per i “grandi magazzini”, in luogo delle 40 ore applicate ai negozi tradizionali. I lavoratori rivendicavano il diritto alle 38 ore settimanali e, avendo i medesimi lavoratori nel corso degli anni osservato il modulo orario delle 40 ore settimanali, richiedevano le relative differenze retributive. La Cassazione, uniformandosi alla decisione dei giudici di merito, accoglieva questa lettura.

La Corte perviene a questa conclusione valutando tutte le circostanze del caso concreto, affidandosi al principio per il quale la volontà delle parti che hanno siglato il Ccnl non può arrestarsi al senso letterale della norma, ma implica una sua valutazione complessiva nell'ambito dell'intero contratto collettivo nazionale di lavoro, facendo, altresì, riferimento alla prassi presente nelle realtà produttive in cui le medesime norme contrattuali collettive devono essere applicate.

L'ordinanza n. 31153/2019 della Corte di cassazione

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©