Contenzioso

La Consulta su agevolazioni contributive, Cigs a zero ore e sussistenza del rapporto di lavoro

di Silvano Imbriaci

L'ordinanza della Corte costituzionale del 5 dicembre 2019, numero 256 risulta oltremodo interessante non tanto per la questione in sé (diritto alle agevolazioni contributive per assunzione di lavoratori già beneficiari del trattamento di integrazione salariale) quanto per le considerazioni ampiamente svolte dalla Consulta sulla natura dell'integrazione salariale e sulla condizione giuridico/normativa dei lavoratori che ne risultano interessati.

Il caso riguarda, nello specifico, il preteso diritto a sgravi contributivi da parte di un'azienda a seguito di assunzione con contratto di lavoro a tempo indeterminato di lavoratori già beneficiari del trattamento di integrazione salariale e che l'Inps aveva contestato non risultando tali lavoratori privi di occupazione nei sei mesi precedenti l'assunzione come richiesto dalle disposizioni censurate (articolo 1, comma 118, della legge 190/2014; articolo 1, comma 178, della legge 208/2015).

L'azienda aveva proposto l'adozione di una interpretazione costituzionalmente orientata di tali norme, nel senso di intendere i lavoratori sospesi in Cigs a zero ore, senza possibilità di ripresa dell'attività lavorativa, come sostanzialmente disoccupati; il giudice rimettente, pur non ritenendo applicabile in via diretta questa interpretazione, segnala alla Corte costituzionale la possibile lesione del principio di razionalità sancito dall'articolo 3 della Costituzione proprio perché le norme in questione impediscono l'applicazione dei benefici contributivi in presenza di lavoratori in Cigs a zero ore, pur essendo la situazione di questi del tutto assimilabile a quella dei lavoratori disoccupati, con conseguente frustrazione delle finalità di rioccupazione (stabile) che in fondo tali norme intendono agevolare.

La Consulta, con l'ordinanza 256/2019, ritiene tuttavia la questione infondata. Esiste in realtà una profonda differenza tra la condizione del lavoratore disoccupato o inoccupato e la situazione del lavoratore beneficiario del trattamento di integrazione salariale.
Tanto è vero che per queste due categorie di soggetti l'ordinamento prevede due diverse forme di ammortizzatori sociali, che si traducono in due prestazioni di tipo diverso.

In un caso (lavoratore in Cigs) la tutela si perfeziona in costanza di rapporto di lavoro, come previsto dal sistema descritto dal Dlgs 148/2015, mentre nell'altro caso la tutela è quella consueta riservata in caso di disoccupazione involontaria (Dlgs 22/2015). Dunque, nell'ipotesi di trattamento di integrazione salariale, anche a zero ore, il rapporto di lavoro può dirsi sospeso (mancano prestazione lavorativa e retribuzione), e l'aspetto economico è sostituito da un'indennità Inps. Ma ciò non equivale a dire che il rapporto non sia idoneo a produrre effetti, sia pure indiretti.

Primo fra tutti, ad esempio, per espressa disposizione dell'articolo 2120 del Codice civile (III comma), in caso di sospensione totale o parziale del rapporto di lavoro per la quale sia prevista l'integrazione salariale, deve essere computato nella base di calcolo per il Tfr l'equivalente della retribuzione cui il lavoratore avrebbe avuto diritto in caso di normale svolgimento del rapporto di lavoro.

La tutela fornita dall'integrazione salariale costituisce, quindi, solo una sorta di anomalia nella normale conduzione del rapporto di lavoro, ma non ne annulla gli effetti sul piano retributivo - computabilità nella base di calcolo - e previdenziale, con la previsione di una contribuzione figurativa calcolata sulla retribuzione globale cui è riferita l'integrazione salariale.

Senza contare, poi, che pur in stato di sospensione il rapporto di lavoro costituisce titolo valido per il mantenimento degli obblighi di fedeltà, correttezza e buona fede tra le parti (Cassazione 15129/2004).

Anzi, è proprio la previsione di mezzi di integrazione salariale in alternativa alla cessazione del rapporto di lavoro che testimonia la scelta verso un'opzione di mantenimento del rapporto e delle previsioni di ripresa dell'attività lavorativa, elementi che, evidentemente, non fanno parte dello stato di disoccupazione. Sotto questo profilo, l’indicazione delle zero ore non basta ad accomunare stato di integrazione salariale e stato di disoccupazione, anche quando si assista a una cessazione di attività, perché l'ammissione a procedure di integrazione salariale presuppone comunque un giudizio possibilistico sulla ripresa dell'attività.

Senza contare, poi, il fatto che l'ordinamento ha previsto e prevede anche appositi benefici contributivi dedicati alle aziende che assumano lavoratori in Cigs (ad esempio, in base all’articolo 24 bis del Dlgs 148/2015). Non vi è quindi solo una diversità giuridica, ma anche una diversità sostanziale tra le due situazioni, per cui la disciplina legislativa esaminata, nel consentire gli sgravi contributivi in presenza di uno stato di inoccupazione, non può dirsi per questo contraria ai principi costituzionali.

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