Contenzioso

Articolo 4 delle tutele crescenti alla Consulta

di Giampiero Falasca


Il Jobs act finisce, ancora una volta, di fronte alla Corte costituzionale. Dopo la sentenza che ha annullato il meccanismo di calcolo automatico dei risarcimenti spettanti per il licenziamento invalido (sentenza 194 depositata l'8 novembre 2018), e dopo la remissione alla Consulta della norma di contenuto analogo prevista per i licenziamenti collettivi (la decisione deve ancora essere presa), il tribunale di Bari (ordinanza del 18 aprile 2019 - Gazzetta Ufficiale del 4 dicembre 2019) solleva una nuova questione: la legittimità del meccanismo di calcolo automatico previsto per i casi di invalidità del licenziamento dovuta a vizi della motivazione o violazioni della procedura (articolo 4 del Dlgs 23/2015).

Dopo la sentenza della Consulta che ha dichiarato illegittimo il calcolo automatico del risarcimento per i casi di invalidità del licenziamento (disciplinato dall'articolo 3), nel Dlgs 23/2015 si è venuta a creare una rilevante asimmetria: nei casi ordinari, per effetto della decisione della Corte (e della modifica delle soglie minime e massime decise dal decreto dignità, Dl 87/2018), il giudice ha un ampio margine di discrezionalità, potendo assegnare al licenziato ingiustamente una somma di importo variabile tra le 6 e le 36 mensilità.

Tale discrezionalità non sussiste, invece, se il licenziamento risulta invalido per uno dei casi previsti dall'articolo 4 del Dlgs 23/2015 (violazione del requisito di motivazione oppure violazione della procedura disciplinare prevista dall'articolo 7 dello Statuto dei lavoratori). Questa norma, infatti, non è stata toccata dalla sentenza della Consulta, in quanto nel caso oggetto della precedente impugnazione non era stata ritenuta rilevante.

Nei casi previsti dall'articolo 4, se il recesso è viziato per carenza di motivazione oppure per violazione di tipo procedurale, al dipendente spetta un risarcimento calcolato in modo automatico (una mensilità per ogni anno di servizio, da un minimo di 2 a un massimo di 12).
Questo doppio sistema viene sottoposto al giudizio della Corte costituzionale per diversi motivi.

In primo luogo, l'ordinanza del tribunale di Bari rileva un possibile contrasto con il principio costituzionale di uguaglianza, in quanto il meccanismo di calcolo automatico del risarcimento ancorato alla sola anzianità è identico a quello contenuto nella prima versione dell'articolo 3 e poi dichiarato incostituzionale (cambiano solo gli importi, minimo e massimo).

Inoltre la norma sarebbe in conflitto con il principio di ragionevolezza, perché - al pari del sistema contenuto nell'articolo 3 - il meccanismo del calcolo automatico non viene giudicato adeguato a prevenire i licenziamenti carenti di motivazione oppure affetti da vizi di forma.

Sarà interessante capire cosa deciderà la Consulta su questa ordinanza (e sul tema, ancora pendente, dei licenziamenti collettivi). Quale che sarà la decisione, il legislatore dovrebbe porsi subito il problema di gestire la situazione di confusione normativa che ormai campeggia sul tema dei licenziamenti: troppi regimi diversi tra loro e troppa instabilità delle regole (dovuta a riforme continue e ai ripetuti interventi della Consulta) generano un caos che non arreca alcun beneficio concreto ai lavoratori, alle imprese e al mercato, ma aumenta solo il grande “indotto” giudiziario che si genera a causa di questi vizi di fondo del sistema.

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