Contenzioso

Attribuzione della qualifica superiore in caso di svolgimento di mansioni eterogenee

di Angelina Turco

Qualora un lavoratore svolga, oltre a mansioni proprie della categoria di appartenenza, anche altre mansioni definite dalla contrattazione collettiva come proprie della categoria superiore rivendicata, per stabilire il diritto all'attribuzione della qualifica superiore ex articolo 2103 del Codice civile il giudice deve attenersi al criterio della prevalenza, avendo riguardo al contenuto della mansione primaria e caratterizzante la posizione di lavoro. Tale principio è stato espresso dalla Corte di cassazione con ordinanza 12 dicembre 2019, n. 32699, che richiama l'orientamento secondo cui «quando la disciplina collettiva, in caso di svolgimento da parte del lavoratore di mansioni di diverse categorie, prevede l'attribuzione della categoria corrispondente alla mansione superiore, sempreché essa abbia carattere di prevalenza o almeno di equivalenza di tempo, il giudice deve compiere una rigorosa e penetrante indagine quanto alla continuità, alla rilevanza e all'impegno temporale giornaliero delle mansioni, delle diverse categorie, espletate dal lavoratore».
Nel caso in cui sia assolutamente impossibile comparare le diverse mansioni secondo il criterio dettato dal contratto collettivo, entrano in gioco i criteri validi per l'ipotesi di assenza di una disciplina collettiva in materia, ovvero:
– se il lavoratore svolge nella sua interezza la mansione il cui espletamento è attributivo della categoria superiore spetta tale categoria, nonostante il contemporaneo esercizio della funzione inferiore, qualunque ne sia la quantità;
– se invece la mansione il cui espletamento è attributivo della categoria superiore non è svolta nella sua interezza «assume carattere assorbente il criterio della quantità delle energie lavorative profuse nelle singole mansioni del lavoratore, nel senso che deve ritenersi caratterizzante una mansione che - anche se esercitata con scarsa frequenza e continuatività - richieda un alto grado di specializzazione e rilevante profusione di impegno intellettivo e materiale».
Interessante, infine, è sottolineare che la società datrice nel ricorso in Cassazione, accolto dalla Suprema corte, aveva contestato il valore probatorio del rilascio, proprio da parte del titolare dell'azienda, di una dichiarazione di credenziali, funzionale a rendere più agevole la collocazione del predetto presso altri datori di lavoro, nella quale erano specificate le mansioni attribuite al lavoratore. Tale documento integrava, infatti, una confessione stragiudiziale fatta ad un terzo, come tale priva del valore di prova legale, a differenza di quella fatta alla parte, con possibilità dunque di essere apprezzata liberamente dal giudice in concorso con altri elementi.

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