Contenzioso

Omesso versamento ritenute previdenziali, recenti indicazioni della Cassazione

di Silvano Imbriaci

L'articolo 2 del decreto legge n. 463/1983, convertito in legge n. 638/1983, dopo aver ricordato, al comma 1, che il datore di lavoro effettua sulle retribuzioni corrisposte ai lavoratori le ritenute previdenziali e assistenziali previste dalla legge, prevede, al comma 1-bis che l'omesso versamento delle ritenute di cui al comma 1 è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a 1.032,91 euro nel caso di superamento nel corso dell'anno della soglia di 10mila euro annui, mentre negli altri l'autore dell'omissione è colpito da una sanzione amministrativa pecuniaria da 10mila a 50mila euro. Il soggetto obbligato non è punibile se provvede al versamento entro 3 mesi dalla contestazione o dalla notifica dell'avvenuto accertamento della violazione.

Questa fattispecie di reato continua a occupare con una certa frequenza la giurisprudenza della Cassazione, nonostante l'avvenuta apposizione delle soglie minime di rilevanza penale, soprattutto con riferimento alla ricostruzione dell'elemento soggettivo e all'applicazione del meccanismo della non punibilità.

Con riferimento al primo punto, la Sezione III della Cassazione penale, nella sentenza n. 50920 del 17 dicembre 2019 si occupa di verificare l'elemento soggettivo in presenza di una situazione di crisi aziendale e di ricorso da parte dell'imprenditore/imputato alla disciplina dettata dall'articolo 182 bis della legge fallimentare (accordo di ristrutturazione dei debiti), con contestuale richiesta di divieto di azioni cautelari ed esecutive prima della formalizzazione dell'accordo. In particolare, nel caso di specie, il tribunale aveva assegnato all'imprenditore un termine per il deposito dell'accordo di ristrutturazione, con conseguente pagamento dei debiti anche contributivi. Tale condotta, secondo l'impostazione dell'imputato, avrebbe di per sé dimostrato la sussistenza di una volontà incompatibile con l'elemento soggettivo del reato contestato (ossia la volontà cosciente di omettere il versamento delle ritenute).

La Cassazione, tuttavia, ribadisce che l'elemento soggettivo di questa fattispecie criminosa è costituito dal dolo generico, consistente nella scelta consapevole di omettere i versamenti dovuti, non importa in base a quale strategia o ragionamento abbia portato l'autore a tale comportamento. Non rileva, infatti, che il datore attraversi o abbia attraversato, nel momento della condotta, una fase di criticità, e utilizzi le somme che ha a disposizione per il pagamento di debiti più urgenti e in scadenza (rileva il fatto che il mancato pagamento dei contributi e delle ritenute sia stato frutto di una scelta cosciente). Non ha peraltro alcun rilievo la circostanza che l'imprenditore abbia provveduto all'apertura di una procedura volta alla formalizzazione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti, anche se, in maniera molto puntuale, la Cassazione ritiene utile distinguere, pur nel quadro della dedotta irrilevanza, tra semplice accoglimento dell'istanza ex articolo 182 bis, comma 6, della legge fallimentare, con contestuale divieto di iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutive nei confronti della società, ed effettivo perfezionamento dell'accordo di ristrutturazione.

In ogni caso, l'avvio della procedura descritta dall'articolo 182 bis (equiparabile a una procedura concorsuale) non vale di per sé a escludere l'elemento soggettivo del reato. La sentenza in esame non fa quindi che estendere anche a quest'ipotesi (accordo di ristrutturazione) i principi già emersi e messi a fuoco in relazione alla allegazione di uno stato di crisi quale elemento valutabile ai fini della ricostruzione dell'elemento soggettivo del reato. Posto che la norma in questione (articolo 2 citato) non richiede, quale ulteriore requisito, un atteggiamento antidoveroso di volontario contrasto con il precetto violato (Cass., Sez. III, 18 luglio 2017, n. 39072), ritiene la giurisprudenza della Cassazione, infatti, che il delitto sussista anche in caso di grave crisi aziendale, anche qualora questa sia tale da comportare la successiva cessazione dell'attività o il fallimento della società (v. Cass., Sez. III, 12 febbraio 2015, n. 11353).

L'impossibilità di adempiere si mostra quindi come elemento marginale rispetto alla consumazione del delitto, e non rileva neanche il fatto che l'imprenditore abbia effettivamente utilizzato i risparmi di spesa per finanziare la propria attività. Le ritenute previdenziali quale parte integrante della retribuzione devono essere effettuate, anche se ciò possa compromettere parzialmente l'integrale pagamento delle retribuzioni (Cass., Sez. III, 25 settembre 2007, n. 38269). L'obbligo di accantonamento delle ritenute, infatti, costituisce obbligo strettamente connesso e caratterizzante l'obbligo di versamento della retribuzione in misura piena: anzi, precede l'obbligo retributivo, in quanto è il solo comportamento la cui violazione presenta conseguenze di tipo penale. Quindi, verificato il superamento della soglia di punibilità, accertata la consapevolezza e la volontà dell'inadempimento, la fattispecie criminosa può dirsi integrata.

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