Contenzioso

Quando il lavoratore può esperire l’azione diretta nei confronti del committente

di Valeria Zeppilli

L'articolo 1676 del Codice civile pone in capo ai dipendenti dell'appaltatore un'azione diretta nei confronti del committente per ottenere quanto agli stessi dovuto in relazione all'attività che hanno svolto con riferimento all'opera o al servizio appaltato. Tale azione diretta, come ribadito in più occasioni dalla Corte di cassazione in virtù di un orientamento ormai consolidato e recentemente riaffermato (sezione lavoro, 17 dicembre 2019, n. 33407), si applica anche al subappaltatore, sempre con riferimento al committente del datore di lavoro. Questo, infatti, è il primo appaltatore nel contratto di subappalto.

Si tratta di una norma che si pone come fine quello di arginare l'indisponibilità del credito dell'appaltatore-datore di lavoro nei confronti del committente e, in tal modo, persegue l'obiettivo di garantire i lavoratori che hanno partecipato all'esecuzione di un appalto.
Conseguenza di quanto previsto dall'articolo 1676 è quindi che, quando gli ausiliari dell'appaltatore si rivolgono al committente, quest'ultimo assume la veste di debitore diretto in solido con l'appaltatore e la sua obbligazione si estende sino alla concorrenza del proprio debito per il corrispettivo dell'appalto. Se il committente paga all'appaltatore, pertanto, non può ritenersi liberato dalla sua obbligazione nei confronti degli ausiliari.
Tutto ciò comporta, in ogni caso, che l'azione diretta riguarda solo il credito che il lavoratore abbia maturato nello svolgimento dell'attività resa per l'esecuzione dell'opera o la prestazione del servizio oggetto dell'appalto, mentre non interessano gli ulteriori crediti eventualmente discendenti dal rapporto di lavoro.
Sul punto, la recente pronuncia della Corte di cassazione si è rifatta esplicitamente a quanto già affermato, ad esempio, nelle sentenze numero 10354/2016, numero 27678/2018 e numero 28517/2019, le quali hanno chiarito che l'articolo 29, comma 2, del decreto legislativo numero 276/2003, relativo alla responsabilità solidale del committente con l'appaltatore di servizi opera, va interpretato in maniera rigorosa e, quindi, limitandone l'applicabilità ai soli emolumenti che il datore di lavoro è tenuto a corrispondere ai propri dipendenti, escludendo, ad esempio, che il regime possa applicarsi al risarcimento del danno da licenziamento illegittimo.
Nel caso di specie, la Corte d'appello aveva ritenuto estranea all'articolo 1676 del codice civile la natura del credito per retribuzioni arretrate da illegittimo licenziamento, mentre per il ricorrente sarebbe il nesso tra l'appalto e il licenziamento a valere per agire nel rapporto trilaterale in materia di appalto e non la natura del credito. Per la Corte di cassazione, alla luce di tutto quanto visto, tale argomentazione non può ritenersi fondata e la pronuncia del giudice del merito, sotto questo aspetto, va quindi confermata.

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