Contenzioso

Licenziamento disciplinare, il ccnl non vincola il giudice

di Valeria Zeppilli

La giusta causa e il giustificato motivo di licenziamento sono nozioni legali, con la conseguenza che il giudice del merito, per la Corte di cassazione (sezione lavoro, 15 gennaio 2020, n. 708), nel valutarne la portata non è vincolato alle previsioni della contrattazione collettiva che graduano le sanzioni disciplinari.

Tale principio, che è figlio di un orientamento ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità, va comunque valutato tenendo conto che la scala valoriale recepita nei contratti rappresenta pur sempre uno dei parametri di riferimento per la corretta interpretazione della clausola generale sancita dall'articolo 2119 del codice civile. Bisogna poi tenere conto del fatto che l'articolo 30, comma 3, della legge numero 183/2010 ha affermato che il giudice, nel valutare le motivazioni poste dal datore di lavoro alla base del licenziamento, deve tenere conto delle tipizzazioni della giusta causa e del giustificato motivo presenti nella contrattazione collettiva.

In ogni caso, per la Cassazione, in presenza di un comportamento del lavoratore che corrisponde a una fattispecie che il contratto collettivo tipizza come idonea a giustificare un licenziamento disciplinare, è sempre indispensabile verificare l'entità e la gravità che in concreto assume il comportamento addebitato al dipendente e la proporzione tra tale infrazione e la sanzione applicata.

L'elencazione contrattuale, insomma, è solo esemplificativa e non preclude al giudice di compiere una valutazione autonoma rispetto a essa, con la quale verificare, ad esempio, che, a prescindere da quanto contrattualmente previsto, l'inadempimento grave del lavoratore o il suo comportamento contrastante con le norme dell'etica comune o del comune vivere civile sia effettivamente idoneo a ledere il rapporto di fiducia che lo lega al proprio datore di lavoro e a integrare, quindi, un'ipotesi di giusta causa di licenziamento.

Tuttavia, se non è possibile individuare nei contratti collettivi un limite in tal senso alle indagini del giudice, si può comunque affermare che essi rappresentano un vincolo in senso favorevole al dipendente.

Resta infatti fermo che, se una condotta posta dal datore di lavoro alla base del licenziamento disciplinare sia in realtà sanzionata dalla contrattazione con una misura conservativa, il giudice non può spingere la sua indagine sino a decidere di ritenere comunque legittimo il recesso.

In tal caso, infatti, a prevalere è la valutazione di minore gravità di un certo comportamento, che il contratto collettivo, nel graduare le mancanze disciplinari, ha deciso di qualificare come illecito di grado inferiore, inidoneo a legittimare la risoluzione del rapporto di lavoro.

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