Contenzioso

Decadenza dall’iscrizione a ruolo, applicabilità della sospensione ai crediti Inail

di Silvano Imbriaci

L'ordinanza n. 3062 del 10 febbraio 2020 della Sezione lavoro della Cassazione torna ad occuparsi del termine decadenziale previsto dall'articolo 25 del Dlgs n. 46/1999, in materia di iscrizione a ruolo di crediti contributivi, in un caso di omesso pagamento di premi Inail e relative sanzioni, a seguito di accertamento ispettivo.
La vicenda consente alla Corte di ripercorrere sinteticamente, ma in modo completo, la disciplina e le questioni che ruotano attorno a questa norma, che prevede un termine decadenziale per l'iscrizione a ruolo dei crediti degli enti pubblici previdenziali, distinto a a seconda che si tratti di contributi e premi non versati dal debitore (che devono essere iscritti a ruolo entro il 31 dicembre dell'anno successivo al termine fissato per il versamento o dalla data di conoscenza da parte dell'ente, in caso di denuncia o comunicazione tardiva o riconoscimento di debito) oppure di contributi o premi dovuta in forza di accertamenti effettuati dagli uffici (da iscriversi a ruolo entro il 31 dicembre dell'anno successivo alla data di notifica del provvedimento ovvero, in caso di giudizio, entro il 31 dicembre dell'anno successivo a quello in cui il provvedimento è divenuto definitivo).
In ordine alla natura e alla funzione della decadenza, la Cassazione ricorda alcuni principi ormai consolidati enunciati dalla giurisprudenza. Prima di tutto il fatto che per il recupero dei crediti contributivi degli enti previdenziali, il meccanismo dell'iscrizione a ruolo (e avviso di addebito per le entrate Inps) è solo uno degli strumenti accordati dall'ordinamento, potendo in ogni modo gli Istituti agire nelle forme ordinarie (ricorso per decreto ingiuntivo, ricorso ordinario).
Da qui il corollario per cui la decadenza prevista dall'articolo 25, al pari di eventuali vizi formali della cartella, impedisce al creditore istituzionale di avvalersi del meccanismo di formazione abbreviata del titolo esecutivo in via stragiudiziale, ma non ha effetti sul piano sostanziale, nel senso che anche in giudizio dovrà comunque essere verificata la fondatezza sostanziale della pretesa contributiva. Che la decadenza abbia valore ed effetti solo processuali è dimostrato dal tenore testuale della norma (che espressamente riferisce la decadenza all'iscrizione a ruolo e non al diritto di credito), dall'impossibilità di connettere effetti sostanziali a una decadenza solo processuale, essendo le norme in tema di decadenza di stretta interpretazione, dai principi costituzionali (tutela dei diritti), dallo scopo perseguito dal legislatore con l'introduzione del meccanismo di iscrizione a ruolo, consistente nell'approntare uno strumento preferenziale e di più celere formazione del titolo, senza però rinunciare al ricorso alla vie ordinarie per ottenere lo stesso risultato. Senza contare il fatto che, nel quadro della riscossione del credito contributivo, vi è un'evidente scissione tra titolarità sostanziale del credito e titolarità della relativa azione esecutiva.
Se quindi non vi sono dubbi circa l'impossibilità di chiudere una controversia giudiziaria semplicemente ravvisando la decadenza, senza entrare nel merito della pretesa contributiva (quando gli atti di parte vi facciano riferimento), alla Corte interessa indagare il profilo del calcolo dei termini di decadenza, in ordine ai provvedimenti legislativi di differimento e di sospensione che hanno riguardato l'articolo 25 citato. In particolare, ipotesi di differimento dell'entrata in vigore erano previste già dalla disposizione transitoria contenuta nell'articolo 36, quarto comma del Dlgs n. 46/1999, così come dall'articolo 38, ottavo comma, della legge n. 289/2002 e dall'articolo 4, venticinquesimo comma, della legge n. 350/2003, con applicazione della decadenza riservata a contributi e premi non versati e agli accertamenti notificati successivamente alla data del 1° gennaio 2004.
A questi differimenti normativi si è poi aggiunta, da ultima, la sospensione prevista dall'articolo 38, dodicesimo comma, del Dl n. 78/2010 (convertito in legge n. 122/2010), che ha previsto l'inapplicabilità delle disposizioni contenute nell'articolo 25 limitatamente al periodo compreso tra il 1° gennaio 2010 e il 31 dicembre 2012, ai contributi non versati e agli accertamenti notificati successivamente alla data del 1° gennaio 2044 dall'Ente creditore. In sostanza, l'efficacia della decadenza viene neutralizzata per un triennio, per consentire la dilazione della regola decadenziale e facilitare le attività di organizzazione interna necessaria per consentire la corretta e tempestiva formazione dei titoli stragiudiziali.
Ebbene, ritiene la Corte che il legislatore, con il provvedimento di sospensione, abbia voluto incidere su tutte le ipotesi alle quali inizialmente si applicava il differimento previsto dalle disposizioni originarie e dunque anche con riferimento ai premi Inail (nonostante l'articolo 38, dodicesimo comma citato, non contenga l'indicazione espressa ai premi, limitandosi a ricordare i contributi.
Del resto, tale interpretazione retrittiva non sarebbe compatibile né con l'assenza di alcuna limitazione nel riferimento all'oggetto degli accertamenti, né con il fatto che la collocazione di questa disposizione è in ambito tributario e non è limitata ai crediti contributivi Inps. Dunque, la neutralizzazione degli effetti dell'applicazione dell'articolo 25 in ordine ai contributi non versati e agli accertamenti ispettivi, riguarda l'universalità della contribuzione previdenziale, compresi i premi Inail.

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