Contenzioso

Vigilanza generica ma continua sui lavoratori

di Giulia Bifano e Uberto Percivalle


Il datore di lavoro non risponde dell'infortunio del dipendente se dimostra di aver fornito i dispositivi di protezione individuale del caso, di aver adeguatamente istruito il dipendente sui rischi specifici delle mansioni affidate e sull'utilizzo dei dispositivi di protezione e di aver vigilato sul rispetto delle istruzioni impartite.

Lo ha chiarito la Corte di cassazione con l'ordinanza 3282/2020, confermando la decisione con cui la Corte d'appello aveva respinto le richieste risarcitorie avanzate da un operaio,il quale, impegnato in lavorazioni in quota, non aveva adeguatamente agganciato la cintura anticaduta e si era quindi infortunato cadendo da un ponte mobile. In tale caso, le corti di merito prima e la corte suprema poi, hanno negato il diritto al risarcimento del dipendente sulla base del fatto che lo stesso, il giorno dell'incidente, aveva in effetti indossato la cintura, omettendo però di allacciarla.

Fin dal giudizio di primo grado era emerso come alla consegna dei dispositivi di protezione individuale il lavoratore avesse sottoscritto una dichiarazione in cui dava atto che gli fossero state impartite, all'atto dell'assunzione, le istruzioni sul corretto uso delle attrezzature di sicurezza, confermando anche di avere ricevuto le informazioni inerenti ai rischi derivanti dal mancato o inadeguato uso delle stesse attrezzature.

Determinante per escludere la responsabilità dell'impresa per la caduta dal ponte del proprio dipendente, però, è stato l'accertamento operato in giudizio circa l'effettivo adempimento da parte della stessa dei propri obblighi di tutela della salute e sicurezza del personale in servizio presso i cantieri.

In proposito, i giudici hanno riconosciuto cruciale importanza alle testimonianze rese dagli altri dipendenti della società, che hanno confermato in modo unanime di avere ricevuto adeguate e continue istruzioni sull'utilizzo dei dispositivi di protezione individuale, sottolineando anche come il responsabile della sicurezza fosse costante sia nel richiamare l'attenzione al riguardo, sia nell'operare un'opportuna vigilanza nei cantieri sul corretto uso della cintura anticaduta da parte degli operai.

Alla luce di ciò, i giudici hanno ritenuto che il dipendente infortunato aveva in effetti eluso il controllo del responsabile della sicurezza, che pure era presente il giorno dell'incidente e si trovava a svolgere alcune lavorazioni a terra, ponendo in essere una condotta anomala che in quanto tale non poteva essere prevista, e quindi corretta, dal datore di lavoro. E infatti, precisa la Corte, l'obbligo di controllo del datore di lavoro non può essere tale da imporre la sorveglianza continua del lavoratore o inteso nel senso di imporre la garanzia di un ambiente di lavoro “a rischio zero” laddove il rischio di una lavorazione sia ineliminabile.

Per adempiere al proprio obbligo di tutelare la salute psicofisica dei dipendenti, il datore di lavoro è tenuto a disporre ed esigere l'osservanza delle norme di sicurezza e l'utilizzo dei mezzi di protezione appropriati, verificando che ciò accada effettivamente. Una simile verifica, però, non comporta la costante presenza fisica del controllore accanto al lavoratore e può invece essere adeguatamente condotta mediante una vigilanza generica, a condizione che questa sia abbastanza continua ed efficace da potere assicurare, nei limiti della prevedibilità, l'effettiva adesione dei lavoratori alle regole di sicurezza. Nessun obbligo risarcitorio, quindi, è riconosciuto in capo al datore di lavoro che sia in grado di dimostrare di avere fatto il possibile per evitare il verificarsi di infortuni sul lavoro.

La sentenza in commento è un'ottima lettura perché affronta, sotto molteplici punti di vista, la difficile situazione di incidenti occorsi nonostante le cautele adottate da un datore di lavoro nella organizzazione delle attività produttive e in presenza di condotte colpose dei lavoratori.

Sappiamo bene come l'esame della Cassazione sia spesso improntato a rigore e richieda che i datori di lavoro facciano ogni sforzo per prevenire anche gli incidenti che siano frutto di comportamenti imprudenti dei lavoratori (fermandosi solo di fronte al comportamento abnorme del lavoratore, come tale al di fuori di ogni prevedibilità: da ultimo Cassazione 30991/2019). Ciò spesso ingenera l'impressione che la responsabilità datoriale cessi di essere responsabilità per colpa e diventi oggettiva o che, per il solo verificarsi del danno, si debba presupporre l'inadeguatezza delle misure di protezione adottate. Così non è, tuttavia, e la sentenza qui in esame conferma che il rispetto, da parte del datore, degli obblighi di informazione e formazione e di vigilanza, lo manda esente dalle conseguenze dannose di comportamenti colposi imprevedibili da parte dei dipendenti.

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