Contenzioso

L’Inps rimborsa all’avvocato dipendente le quote dell’albo

di Patrizia Maciocchi

L'Inps deve rimborsare le spese sostenute dal legale suo dipendente, per l'iscrizione all'albo avvocati nell'elenco speciale. La Cassazione, con la sentenza 6295/2020, ha respinto l'appello dell'Inps, subentrata all'Inpdap nel giudizio, contro la decisione della Corte d'Appello di condannare l'ente a rimborsare le quote fino al 2008: data della fine del rapporto. Una decisione che i giudici territoriali hanno adottato in linea con la giurisprudenza di legittimità. La Corte d'Appello ha, infatti, evidenziato che sono a carico del datore di lavoro le spese che servono a realizzare le condizioni specifiche utili a svolgere l'attività lavorativa. E fra queste rientrano anche quelle che consentono di svolgere la professione nell'interesse specifico del datore.

Due le obiezioni dell'Inps. La prima riguarda l'assenza di una disposizione di legge o contrattuale che preveda il rimborso contestato, senza la quale, ad avviso della difesa, sarebbero applicabili sono i contratti collettivi. E dunque, nel caso esaminato, il dipendente poteva pretendere solo l'indennità di toga. Per l'Inps solo il contratto collettivo nazionale integrativo del 2012 per l'area professionisti prevedeva la rimborsabilità della quota, che quindi prima era a carico del dipendente. In più l'ente faceva notare che, con la sottoscrizione del contratto, scatta l'accettazione del trattamento retributivo.

La Cassazione respinge il ricorso. I giudici di legittimità sottolineano che il pagamento della quota annuale per l'elenco speciale dell'albo è rimborsabile dal datore e resta fuori dal raggio d'azione della disciplina positiva sull'indennità di toga (articolo 14, comma 17, Dpr 43/1990) “ a carattere retributivo con funzione non restitutoria e un regime tributario non compatibile con il rimborso spese”. Né, chiariscono i giudici, si può parlare di spesa sostenuta nell'interesse della persona, come è invece per il denaro utilizzato per gli studi universitari e l'abilitazione alla professione forense. Infine è inutile anche il richiamo al contratto collettivo nazionale del 2010 per i dirigenti degli enti pubblici non economici e le agenzie fiscali che escludeva per il biennio 2008-2009 il rimborso, salvo una diversa previsione dell'integrativo: una norma che non può essere applicata retroattivamente. Alla data di sottoscrizione di quel contratto il rapporto di lavoro con il dipendente era finito ed il diritto al rimborso era già entrato nel patrimonio del dirigente.

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