Contenzioso

Trasferta, è truffa indicare orari diversi da quelli effettivi

di Angelina Turco

Il caso giunto all'attenzione della Corte di Cassazione, e deciso con sentenza n. 6095 del 4 marzo 2020, è quello di una lavoratrice licenziata per giusta causa per aver ripetutamente indicato orari di inizio e fine trasferta diversi da quelli effettivi, così da fruire del corrispondente e più favorevole trattamento economico, nonché per avere acquistato direttamente, in violazione delle disposizioni aziendali, i biglietti relativi a undici trasferte.
La Corte d'appello aveva stabilito che la condotta posta in essere dalla lavoratrice integrasse gli estremi del delitto di truffa, ex articolo 640 del codice penale e che quindi non consentisse, per la sua gravità e reiterazione, l'applicabilità di una sanzione conservativa.
La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, respinge il ricorso della lavoratrice e conferma quanto deciso dalla Corte d'Appello. In particolare rileva che le dichiarazioni menzognere al datore ben possono costituire raggiro ed integrare l'elemento materiale del delitto di truffa (ex articolo 640 c.p.) quando sono presentate in modo tale da indurre in errore il soggetto passivo, nella fattispecie il datore, di cui viene carpita la buona fede, non rilevando rilievo la mancanza di diligenza, di controllo e di verifica da parte del soggetto passivo (Cass. pen. n. 10628/1985).
La Cassazione, seguendo il filo delle motivazioni della Corte di merito, esclude che i comportamenti oggetto di contestazione potessero essere puniti con una mera sanzione conservativa e fa propria la lettera della decisione di primo grado, laddove il Tribunale aveva osservato come "in ogni caso i comportamenti accertati, con particolare riguardo alle false attestazioni degli orari di inizio della trasferta, almeno in cinque occasioni integrano il substrato materiale della truffa ex articolo 640 c.p., ossia un delitto punito a termini di legge, anche a voler ritenere insussistente il grave nocumento materiale".

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