Contenzioso

Al buon sindaco non basta la verifica formale dei conti

di Laura Ambrosi e Antonio Iorio

I sindaci rispondono penalmente con gli amministratori del dissesto della società per aver dato parere favorevole all’approvazione dei bilanci, a nulla rilevando che nel corso degli anni in alcuni verbali abbiano segnalato talune anomalie. A fornire questa rigorosa interpretazione è la recentissima sentenza 11308/2020 della Cassazione.

Il caso

In estrema sintesi, due professionisti venivano condannati in due gradi di giudizio in quanto nel loro ruolo di sindaci di una società di capitali avevano concorso nel reato di bancarotta impropria per aver contribuito al suo dissesto attraverso condotte di falso in bilancio. Secondo le tesi accusatoria avevano omesso il controllo sulla tenuta delle scritture contabili e sulla redazione dei bilanci di tre esercizi, esprimendo parere favorevole alla loro approvazione, nonostante in essi fossero esposti fatti materiali non rispondenti al vero sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria della società, dei quali erano a conoscenza come sindaci.

La sentenza, almeno in ordine alle responsabilità dei sindaci, è stata confermata dalla Cassazione.

Ai sindaci in genere, come avvenuto nella specie, viene addebitato di aver omesso il dovuto controllo sull’attività degli amministratori. Da qui la contestazione del concorso nei reati da parte degli amministratori in base all’articolo 40 del codice penale, per il quale non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo.

Il ruolo di controllo

Le omissioni contestate al collegio sindacale, nella vicenda oggetto della sentenza, meritano una riflessione, perché non di rado potrebbero verificarsi, ed è quindi opportuno tener presente che si tratta di comportamenti ritenuti molto negligenti dalla giurisprudenza.

Nella specie, secondo i giudici, il ruolo di controllo dei sindaci era stato gravemente omissivo e connivente rispetto a una situazione ben conosciuta e visibile di decozione della società fallita. Rispetto a tale situazione non erano state poste in essere le dovute attività di vigilanza e controllo, affidate a relazioni per l’approvazione dei bilanci dai contenuti del tutto formali e privi di specifici riferimenti alla reale situazione societaria. Viene anche evidenziato un errore di probabile trasposizione di “file” (cosiddetto “copia e incolla”) relativi ad altre situazioni (veniva riportato, in una relazione, il nominativo di altra società).

Le relazioni ai bilanci si caratterizzavano, poi, per l’assenza di qualsiasi segnalazione o censura all’attività degli amministratori, nonostante evidenti indicatori dello stato di sofferenza e dissesto imminente. L’unica eccezione era rappresentata da alcune note critiche contenute in due verbali del collegio sindacale alle quali, tuttavia, non erano seguite altre indicazioni di vigilanza.

Per tali ragioni le critiche non sono state ritenute significative di un mutamento dell’atteggiamento passivamente recettivo dell’operato degli amministratori da parte del collegio sindacale, né dell’assolvimento degli obblighi di vigilanza e controllo. L’inerzia è stata ritenuta indicativa di una sostanziale mancanza di autonomia del collegio rispetto all’amministrazione della società fallita.

In tale contesto viene anche evidenziato che i sindaci erano stati nominati anche per volontà del commercialista che curava la contabilità della società fallita e che con questo professionista collaboravano da anni.

Di per sé, una simile circostanza non può ovviamente sostenere la scarsa diligenza o la connivenza del sindaco. Tuttavia questa rilevata vicinanza professionale e amicale di lunga data con la famiglia proprietaria delle quote della società fallita e il sostanziale conflitto di interessi tra “controllati” e “controllori” conseguente alla derivazione dei professionisti dallo studio commercialistico della famiglia, contribuisce ad accrescere prova del coefficiente psicologico richiesto alla realizzazione del reato.

Inoltre la denuncia al tribunale (ex articolo 2409 del codice civile) era stata eseguita solo dal nuovo collegio sindacale.

La Cassazione ha infine desunto un comportamento consapevole e voluto dei sindaci - e non semplicemente negligente – sulla base della qualità e della reiterazione delle verifiche omesse o portate avanti con superficialità e approssimazione nei vari anni.

La giurisprudenza

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