Contenzioso

I soci lavoratori delle cooperative sul fronte contributivo sono equiparati ai subordinati

di Silvano Imbriaci

La Sezione Lavoro della Corte di cassazione, con la pronuncia del 4 maggio 2020, n. 8446 torna sul tema del regime contributivo applicabile sulle retribuzioni dovute ai soci lavoratori, essendo stata contestata dall'Inps la rivendicazione da parte della Cooperativa dell'applicazione del regime contributivo previsto dal d.p.r. n. 602/1070.

L'Inps aveva rilevato infatti sia la mancanza di prova dell'iscrizione al libro matricola dei tre soci fondatori della cooperativa, sia il superamento del limite numerico dei soci addetti ad attività amministrative (1 per ogni dodici soci o frazione).

In sede di merito era stata disattesa la tesi dell'Istituto, pur essendo stata evidenziata, per una parte della richiesta contributiva, la rilevanza della legge n. 142/2001 e dunque la sostanziale marginalità dell'indagine circa la natura del rapporto di lavoro intercorrente tra socio e cooperativa ai fini della salvaguardia dello scopo mutualistico (bastava accertare che l'attività lavorativa dei soci fosse stata resa a favore della cooperativa) e contemporaneamente della individuazione del limite numerico alla stregua delle indicazioni dell'art. 23 del d.lgs. c.p.s. n. 23 n. 1577 del 1947 come modificato dalla I. n. 59 del 1992, che richiedeva che il numero degli elementi tecnici ed amministrativi fosse quello strettamente necessario al buon funzionamento dell'ente.

La questione affrontata dalla Corte riguarda dunque il profilo contributivo, e la scorretta applicazione della normativa più favorevole contenuta nel d.p.r. n. 602 del 1970. L'Istituto infatti pretende l'applicazione al caso di specie dell'art. 2 punto 4, d.lgs. n. 423/2001, secondo cui a decorrere dal 1 gennaio 2007, per la determinazione della retribuzione imponibile, ai fini del versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali, trova applicazione l'articolo 1, comma 1, del citato decreto-legge n. 338 del 1989 (minimale contributivo).

La Cassazione si uniforma al proprio orientamento costante, in base al quale la disciplina previdenziale di riferimento del socio di cooperativa (ex L. 3 aprile 2001, n. 142, art. 4, comma 1), è quella prevista per le diverse tipologie di rapporti di lavoro adottabili dal regolamento delle società cooperative, nei limiti di quanto previsto dal successivo art. 6. Il tutto nella tendenziale equiparazione della contribuzione previdenziale e assistenziale a quella dei lavoratori dipendenti da impresa. Con il successivo D.Lgs. 6 novembre 2001, n. 423 (art. 3) si è previsto l'aumento graduale dell'imponibile contributivo per gli anni a decorrere dal 1 gennaio 2003, mediante l'applicazione di coefficienti progressivamente crescenti alla differenza tra la precedente parametrazione rapportata al c.d. minimo dei minimi (D.L. n. 463 del 1983, art. 7, comma 1, conv. in L. n. 638 del 1983 e succ. mod.) ed il minimo contrattuale previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro, e ciò sino al 1 gennaio 2007, data a decorrere dalla quale (art. 7, comma 1, del d.l. n. 463 del 1983, conv. in I. n. 638 del 1983 e succ. mod.) per la determinazione della retribuzione imponibile trova applicazione l'articolo 1, comma 1, del citato decreto-legge n. 338 del 1989.

Il principio affermato è dunque quello per cui il meccanismo del cd. minimo retributivo imponibile, secondo cui l'importo della retribuzione da assumere come base di calcolo dei contributi previdenziali non può essere inferiore all'importo di quella che ai lavoratori di un determinato settore sarebbe dovuta in applicazione dei contratti collettivi stipulati dalle associazioni sindacali più rappresentative su base nazionale (c.d. retribuzione virtuale di cui alla I. n. 389/89) è applicabile anche alle società cooperative, i cui soci sono equiparati ai lavoratori subordinati ai fini previdenziali, sia nel caso in cui il datore di lavoro paghi di meno la prestazione lavorativa a pieno orario, sia nel caso di prestazione a orario ridotto.

Il principio del minimo retributivo imponibile deve essere rispettato nel caso in cui la retribuzione corrisposta sia inferiore al minimo perché il datore di lavoro paga di meno la prestazione lavorativa a pieno orario, e nel caso in cui detta retribuzione sia inferiore perché la prestazione è ad orario ridotto (lavoro a tempo parziale). Questo, per garantire un minimo di contribuzione anche ai lavoratori delle cooperative in funzione della tutela dei lavoratori stessi. Peraltro, a conferma della forza del principio, la giurisprudenza della Cassazione ha rilevato anche che nelle vicende contributive che riguardano le cooperative a nulla rileva lo stato di crisi della società cooperativa che ha deciso di portare la retribuzione dei soci sotto il minimale previsto dal contratto collettivo applicato: in tali casi, infatti, deve comunque essere rispettato il cd. minimale contributivo e non ai minori importi concretamente erogati.

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