Contenzioso

Consulta: ragionevole e proporzionata la conseguenza per tardività della domanda di Cigs

di Mauro Marrucci

È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 25, comma 3, del Dlgs 148/2015 - sulle conseguenze sanzionatorie della tardiva presentazione della domanda di Cigs - riguardo ai principi di ragionevolezza e proporzionalità, così com’è inammissibile la censura per discriminazione. A dichiararlo è la sentenza 90 del 15 maggio 2020 con cui la Corte costituzionale si è pronunciata sull'ordinanza di rimessione 173 del 4 luglio 2019 del Tar Lazio.

L'articolo 25, comma 1, del Dlgs 148/2015 impone che la presentazione dell'istanza di concessione del trattamento della Cigs debba avvenire, con modalità telematiche, nel termine perentorio di sette giorni decorrenti, alternativamente, dalla data di conclusione della procedura di consultazione sindacale oppure dalla data di stipula del relativo accordo collettivo. Il comma 3 stabilisce che, in caso d'inoltro tardivo della domanda, il trattamento decorra dal trentesimo giorno successivo alla sua presentazione, con l'ulteriore conseguenza (comma 4) che il datore inadempiente sia tenuto a supportare il danno subito dai lavoratori corrispondendo loro una somma d'importo equivalente all'integrazione salariale non percepita.

In tale gravame sanzionatorio era incappata un'impresa, operante nel settore dei servizi di pulizia, che aveva assorbito tutto il personale del precedente appaltatore previa la sottoscrizione di un contratto di solidarietà stipulato il 1° ottobre 2015, per il periodo compreso tra il 2 ottobre 2015 e il 1° ottobre 2016, la cui domanda era stata presentata il 30 novembre 2015, in ritardo rispetto al termine scaduto l'8 ottobre 2015. A fronte dell'inadempimento, il ministero del Lavoro aveva autorizzato la Cigs soltanto per il periodo intercorrente dal 30 dicembre 2015 al 1° ottobre 2016.

Contro il provvedimento amministrativo l'impresa aveva esperito ricorso al Tar sostenendo, tra l'altro, che l'articolo 25, comma 3, avrebbe violato l'articolo 3 della Costituzione in riferimento ai principi di ragionevolezza e proporzionalità, in quanto comporterebbe una "sanzione" ingiustificatamente onerosa per l'impresa che presentasse tardivamente la domanda oltre il previsto termine di sette giorni (anche di un solo giorno), operando peraltro una discriminazione nei confronti delle imprese che subentrano in appalti dovendo rispettare la cosiddetta clausola sociale.

La Consulta ha tuttavia osservato che il legislatore, nel disciplinare la materia degli ammortizzatori sociali, ivi compresi i correlati procedimenti amministrativi, gode di ampia discrezionalità, con il solo limite della manifesta irragionevolezza o arbitrarietà delle scelte compiute, nel caso in disamina non superato con la Riforma del 2015. Il procedimento risulterebbe, invece, finalizzato a evitare situazioni di incertezza per i lavoratori e le organizzazioni sindacali interessate. A tale logica si deve quindi improntare anche il datore di lavoro chiamato a rispondere in termini tempestivi e rigorosi alla presentazione della domanda per evitare che la sua inerzia incida negativamente sull'attuazione degli interessi coinvolti.

Secondo la Corte, lo stretto termine di sette giorni, sebbene certamente limitato, non è tale da renderne impossibile, arduo, o comunque eccessivamente oneroso il rispetto, atteso peraltro che la domanda deve essere inoltrata in via telematica attraverso la procedura Cigs online, venendo quindi meno i presupposti per la fondatezza delle censure avanzate.

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