Contenzioso

Contributi full time per i part time in eccesso

di Antonello Orlando


La sentenza della Corte di cassazione 8794/2020 è intervenuta sul tema della base imponibile di versamento dei contributi obbligatori per un datore di lavoro del settore edile che aveva stipulato un contratto di lavoro part time in sovrannumero rispetto alla percentuale massima fissata dal contratto collettivo da lui applicato.

L'intervento della Cassazione è stato invocato da Inail dopo l'esito negativo dei due primi gradi di giudizio. Infatti, sia il Tribunale di Mantova sia la Corte d'appello di Brescia avevano accolto il ricorso dell'imprenditore che aveva contestato il verbale ispettivo siglato sia da Inail sia da Inps a proposito dei contributi previdenziali e assistenziali da versare per il lavoratore assunto con contratto a tempo parziale fuori dai limiti stabiliti dal Ccnl. In particolare, il contratto collettivo, relativo al settore dell'edilizia in artigianato, prevede all'articolo 97 che un'impresa non può assumere operai a tempo parziale per una percentuale superiore al 3% del totale degli occupati a tempo indeterminato.

Dal momento che il contratto part time risultava illegittimamente siglato rispetto ai limiti contrattuali, in assenza di limiti espliciti posti dalla normativa sul contratto a orario ridotto (oggi identificata nel decreto legislativo 81 del 2015), gli enti di previdenza e assistenza avevano disposto l'applicazione della base di calcolo dei contributi obbligatori ricavabile dall'articolo 29 del decreto legge 244/1995.

Secondo tale normativa, per i datori di lavoro edili la retribuzione minima imponibile per il pagamento dei contributi deve essere calcolata sull'orario normale stabilito dal Ccnl. L'azienda aveva ottenuto un annullamento delle pretese dei due enti invocando l'autonomia negoziale delle parti, che avrebbe avuto piena facoltà di ridurre l'orario senza che il Ccnl potesse convertire con forza di legge il contratto da part time a full time.

Nella lettura della Suprema corte, tuttavia, il minimale contributivo applicato dagli enti, anche sulla base della normativa più generale relativa a tutti i datori di lavoro anche non afferenti al comparto edile (articolo 1 del Dl 338/1989), non altera l'autonomia delle parti né dispone la nullità del contratto part time con conversione automatica a un contratto a tempo pieno, ma si limita a ripristinare un diritto di natura contributiva disposto dalle norme, particolarmente esplicite nel settore dell'edilizia.

Va a margine notato come lo stesso Ccnl, in un accordo stipulato nel dicembre 2010, ha specificato che i contratti a tempo parziale stipulati dopo tale accordo, in misura eccedente le percentuali dell'articolo 97, sono considerati a tempo pieno sin dal momento della stipulazione con riferimento sia agli obblighi retributivi e contributivi, il cui inadempimento impedisce il rilascio all'impresa del Durc.

Tale conseguenza, armonizzandosi con quanto già disposto dall'articolo 1, comma 1175, della legge 296/2006, per legittimare la fruizione dei benefici economici e normativi dei datori di lavoro, impone oltre alla regolarità contributiva, l'integrale rispetto della contrattazione collettiva, inclusi eventuali limiti nel ricorso al lavoro part time.

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