Contenzioso

Un atto mancato non ferma il premio di progettazione

di Giampiero Falasca


Il premio di progettazione previsto dalla legge 109/1994 (poi più volte riformata) spetta anche quando l'amministrazione tenuta a erogarlo non ha portato a termini gli atti interni propedeutici al pagamento, poiché la maturazione del diritto (collegata al compimento dei progetti) non può essere subordinato alla mancata adozione di atti dell'ente. Così la Corte di cassazione con la sentenza 10222/2020.

La controversia riguarda quattro dipendenti della Provincia di Milano che hanno richiesto il pagamento dell'incentivo economico “per la progettazione” previsto dalla legge 109/1994 in favore dei lavoratori impegnati nelle attività di progettazione interna in seno agli enti chiamati a gestire lavori pubblici.

In primo e secondo grado la domanda è stata respinta in quanto, per essendo stati approvati i progetti cui era collegato l'incentivo (facendo maturare il diritto), non era stata operata da parte della Provincia la ripartizione delle risorse indispensabile a rendere effettivamente esigibile il pagamento del premio.

I lavoratori hanno presentato ricorso per Cassazione, evidenziando che anche in assenza degli atti di ripartizione interna, il premio dovesse essere riconosciuto, in quanto era stata effettivamente svolta l'attività progettuale connessa.

I ricorrenti chiarivano, a sostegno di questa argomentazione, che il diritto al pagamento dell'incentivo matura quando le attività relative a ciascuna fase progettuale sono portate a compimento. Tale diritto, sempre secondo i ricorrenti, non poteva essere vanificato solo perché la Provincia non aveva completato l'iter procedimentale, omettendo l'atto amministrativo interno necessario alla ripartizione delle risorse.

La Corte di cassazione ha accolto questa censura, premettendo che il trattamento oggetto del giudizio deriva dalla scelta del legislatore di derogare alla regole del trattamento accessorio (contenuta nel Testo unico sul pubblico impiego, Dlgs 165/2001). Sulla base di tale scelta, è stato introdotto un compenso ulteriore, definito dalle norme tempo per tempo succedutesi, in favore del personale impegnato nelle attività di progettazione interna agli enti e ai soggetti che eseguono lavori pubblici.

Tale trattamento, ricorda la Corte, per giurisprudenza pregressa ha carattere retributivo (Cassazione 21398/2019), e la nascita del relativo diritto è condizionata non solo dalla prestazione dell'attività incentivata, ma anche dall'adozione del regolamento: in mancanza di tale atto il dipendente può far valore solo un'azione risarcitoria per inottemperanza degli obblighi che il legislatore ha posto a carico delle amministrazioni appaltanti (Cassazione 13937/2017).

Questa ricostruzione, osserva la Corte, non impedisce ai lavoratori coinvolti nella controversia di richiedere il pagamento dell'incentivo, in quanto nel caso di specie la Provincia aveva effettivamente approvato il regolamento per fissare le modalità di ripartizione del fondo, pur non avendo in concreto dato attuazione a tali regole. Secondo i giudici di legittimità, in particolare, non è possibile trasformare la condizione di esigibilità del diritto in un elemento costitutivo del diritto stesso, essendo tale lettura contrastante con i principi generali che regolano l'adempimento delle obbligazioni contrattuali.

Il credito, conclude la Corte, diventa esigibile nel momento in cui sia spirato il termine concesso al debitore per il pagamento, poiché il datore di lavoro pubblico non può certo opporre al lavoratore la mancata conclusione del procedimento interno necessario per la liquidazione della spesa, come motivo per sottrarsi all'adempimento di un'obbligazione di carattere retributivo.

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