Contenzioso

Indennità di trasferta, necessaria la scissione tra sede di assunzione e quella dei lavori

di Salvatore Servidio


Con l'ordinanza 8 luglio 2020, numero 14380, la Corte di cassazione ha stabilito che non spetta l'indennità di trasferta a chi esplica in maniera fissa e continuativa la propria attività presso una determinata località, anche se la sede di servizio risulti formalmente fissata in luogo diverso, dove, peraltro, il lavoratore non ha alcuna necessità di recarsi per l'espletamento delle mansioni affidategli.

Nella vicenda oggetto dell'ordinanza della Corte di cassazione, la Corte d'appello, in riforma della sentenza di primo grado, ha accolto l'opposizione di una società edile avverso una cartella esattoriale con la quale l'Inps le aveva intimato il pagamento di contributi previdenziali per le somme corrisposte, formalmente a titolo di indennità di trasferta, a lavoratori assunti per l'esecuzione di un appalto in sede diversa da quella aziendale.

In particolare, i lavoratori, residenti nella provincia sede della società, erano stati assunti da questa società in un città del nord per svolgere lavori edili solo in un cantiere di questa città.

Il Tribunale aveva ritenuto che l'indennità erogata non poteva ritenersi trasferta ma costituiva vera e propria retribuzione, mentre la Corte territoriale ha seguito l'opposta soluzione, valorizzando la diversità tra la sede aziendale e la sede del cantiere e l'effettività della trasferta delle maestranze dal territorio di loro residenza a quello di esecuzione dei lavori, facendone così derivare l'assoggettabilità al regime contributivo di favore previsto per l'indennità di trasferta dall'articolo 51, comma 5, del Dpr 917/1986.

Nel ricorrere per Cassazione, l'Inps lamentava violazione dello stesso articolo per avere la sentenza impugnata applicato il regime contributivo della trasferta sebbene vi fosse coincidenza fra il luogo dell'assunzione e quello di prestazione lavorativa.

Per la Suprema corte il ricorso è fondato. Nel merito, argomenta il giudice di legittimità, è pacifico che i lavoratori, residenti nel napoletano, sono stati assunti da azienda avente sede nel medesimo territorio. La loro assunzione è stata effettuata a Bologna, come da comunicazione al centro per l'impiego di Bologna, la cui prestazione lavorativa è stata quivi unicamente espletata per l'esecuzione di appalto temporaneo che l'azienda aveva contratto per la ristrutturazione di un complesso scolastico bolognese.

In diritto, deve rilevarsi che la trasferta è emolumento corrisposto al lavoratore in relazione a prestazione effettuata per limitato periodo di tempo e nell'interesse del datore di lavoro al di fuori della ordinaria sede di lavoro, volto proprio a compensare al lavoratore i disagi derivanti dall'espletamento del lavoro in luogo diverso da quello previsto (Cassazione 19236/2007).

Secondo la giurisprudenza formatasi nel settore del lavoro privato, si configura la fattispecie della "trasferta" e non quella del "trasferimento" nel caso in cui il dipendente distaccato mantenga il legame funzionale con il "normale" luogo di lavoro da cui proviene, essendo irrilevante l'identità fra il luogo della trasferta e quello del successivo trasferimento, anche nel caso in cui quest'ultimo sia disposto senza soluzione di continuità al termine della trasferta (Cassazione 8004/1998 e 9744/2002).

Nel caso in esame, vi era coincidenza tra il luogo di assunzione e il luogo di prestazione dell'attività lavorativa, sicché i lavoratori non avevano eseguito la prestazione al di fuori della sede lavorativa e non vi era alcuna scissione tra quest’ultima e luogo di espletamento del lavoro. Non si era verificata dunque una trasferta, in quanto i lavoratori avevano lavorato sempre e solo a Bologna, cioè nello stesso luogo in cui erano stati assunti.

Pertanto, dato che nel caso di specie i lavoratori non hanno eseguito la prestazione al di fuori della sede lavorativa, non si è verificata nessuna trasferta, non rilevando la residenza dei dipendenti o la sede legale della società.

Si osserva, per concludere, che l'ordinanza in esame si pone sulla scia della sentenza 14047 del 7 luglio 2020, secondo cui la prestazione lavorativa in situazione di trasferta comporta un maggior disagio, che deve essere appositamente compensato, sicché la relativa indennità generalmente ha una duplice funzione, risarcitoria o meglio restitutoria delle maggiori spese sopportate nell'interesse del datore di lavoro, e retributiva del maggior disagio, con principio applicabile anche ai dipendenti cantieristi dell'impresa edile: l'individuazione delle due componenti, restitutoria e retributiva, è compito del giudice del merito, il quale non è vincolato dal nomen iuris usato dal contratto collettivo o dalle parti.

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