Contenzioso

Se manca un codice Ateco, si classifica in base ai criteri della legge 88/1989

di Silvano Imbriaci

Il procedimento di classificazione delle aziende ai fini contributivi costituisce un presupposto fondamentale e necessario per il corretto adempimento dei relativi obblighi.

Con nota dell’11 marzo 2020, l’Ispettorato nazionale del lavoro ha dato alcune indicazioni riguardanti la procedura automatizzata di inquadramento finalizzata ad attribuire ai datori di lavoro l'esatta classificazione aziendale, sulla base delle proprie dichiarazioni e attestazioni. Al momento dell'iscrizione, è il datore di lavoro a comunicare il codice dell'attività esercitata (attività con dipendenti) utilizzando il codice Ateco (macrosettore ed attività economiche) al quale l'Inps – con una procedura semplificata (circolare 80/2014), affianca un codice statistico contributivo (Csc), composto da 5 cifre, necessario per individuare in concreto l'aliquota contributiva applicata. Naturalmente, all'Inps è sempre riservata la possibilità di verificare la corrispondenza tra quanto attribuito in sede di iscrizione ed effettiva natura dell'attività svolta.

Nel caso affrontato nella sentenza di Cassazione 14891 del 13 luglio 2020, un'azienda aveva contestato la pretesa contributiva Inps e il giudice di primo grado aveva accolto l'opposizione in quanto l'attività svolta dalla società non rientrava tra quelle censite sulla base dei codici Istat/Ateco. La controversia all'esame della Cassazione, dopo la riforma della sentenza da parte dei giudici di appello, muove dunque dalla necessità di verificare la rilevanza dell'attribuzione dei codici Ateco a fronte della normativa generale che regolamenta i criteri di classificazione delle aziende sotto il profilo contributivo/previdenziale, e cioè l'articolo 49 della legge 88/1989.

Tale normativa ha come scopo specifico, secondo la Corte, quello di attribuire all'Inps un ampio potere classificatorio delle imprese e dei datori di lavoro per tutti i fini assistenziali e previdenziali, superando il precedente sistema (in particolare le indicazioni del codice civile o della normativa speciale, quale ad esempio il Dpr 797/1955, in materia di assegni familiari, seguita dall'Inps) con un corredo di criteri più adeguati alla varietà delle attività produttive. L'articolo 49 ha introdotto criteri di classificazione distinti e ben specificati per comparti: industria, artigianato, agricoltura, terziario, credito, assicurazione e tributi, ricomprendendo le attività di produzione di servizi nell'ambito del terziario.

Nel caso specifico, l'attività svolta era quella di raccolta e registrazione di dati relativi ai servizi e alle attività portuali (avvisatore marittimo). Ebbene, secondo la Corte, il fatto che non sia immediatamente ravvisabile un corrispondente codice Ateco rispetto a questa attività del tutto peculiare, non toglie che debbano essere utilizzati comunque i criteri classificatori esposti nell'articolo 49. Alla stregua della lettera d) di tale disposizione, le cosiddette attività varie servono a individuare quelle realtà imprenditoriali o comunque quegli organismi esponenziali di interessi categoriali collettivi o diffusi, e quegli enti che perseguono scopi non riconducibili a quelli economico produttivi o che comunque non si adeguano perfettamente agli inquadramenti nei settori specifici (Cassazione 21138/2008).

Nel settore terziario confluiscono varie attività, che hanno comunque come denominatore la prestazione di servizi, escludendo naturalmente il settore in cui i servizi resi abbiano carattere professionale, cioè siano resi da soggetti iscritti ad albi professionali. In questo senso, la natura dell'attività svolta (raccolta dati) appare del tutto conforme a un suo inquadramento nel settore terziario, dovendosi escludere la sua affinità con attività di polizia e sicurezza o tecnico-nautica nell'ambito di operazioni o servizi portuali. Non è peraltro attività per la quale è chiesta o necessaria un'autorizzazione da parte delle autorità marittime, come pure è innegabile che la raccolta dei dati relativi alle attività e ai servizi portuali non sia esclusiva di soggetti selezionati a seguito di procedure di evidenza pubblica.

E' infatti un'attività di servizi aperta, a carattere commerciale, e solo indirettamente finalizzata a implementare il livello di sicurezza delle operazioni svolte in ambito portuale (vi è poi un corrispettivo del servizio reso). In questo senso, la Corte, attraverso l'esame in concreto dell'attività e l'irrilevanza circa la mancata corrispondenza della stessa con uno specifico codice Ateco, ha potuto valorizzare la natura di servizio dell'attività di avvisatore marittimo (raccolta e certificazione delle informazioni sull'attività portuale), e quindi classificazione nel settore terziario (intermediazione e prestazione di servizi, gestione commercianti ex articolo 1, comma 202, della legge 662/1996)

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