Contenzioso

Reintegrazione se manca il motivo oggettivo di licenziamento

di Giuseppe Bulgarini d'Elci

La previsione dell'articolo 18, comma 7, della legge 300/1970, per la quale il giudice può disporre la reintegrazione (esclusivamente) nel caso in cui il fatto alla base del licenziamento sia manifestamente insussistente, si produce ogni qualvolta non ricorrono gli estremi del giustificato motivo oggettivo. In altri termini, se viene a mancare il nesso causale tra recesso datoriale e motivo addotto a suo fondamento si ricade nell'ambito della “manifesta insussistenza” del fatto, da cui discende la tutela reintegratoria attenuata (con ricostituzione del rapporto e risarcimento fino a un massimo di 12 mensilità).

La Cassazione ha affermato questo principio (sentenza 16253/2020) aderendo all'indirizzo per cui il presupposto della reintegrazione non risiede nella “particolare evidenza” della (manifesta) insussistenza del fatto, ma è riconducibile all'ipotesi di portata generale per la quale è sufficiente che non ricorrano gli estremi del giustificato motivo oggettivo.

La Suprema corte si duole della formulazione della norma, imputando al riformato (dalla legge Fornero) comma 7 dell'articolo 18 un meccanismo di alternatività incerto e poco chiaro tra tutela indennitaria e tutela reale attenuata. La Cassazione afferma, quindi, la necessità di offrire una interpretazione coerente a un testo che si presta a differenti letture e perviene alla conclusione che la “manifesta insussistenza” richiesta per accedere alla reintegrazione si realizza ove “non ricorrano gli estremi del predetto giustificato motivo oggettivo”.

È una conclusione che desta perplessità, se si considera che, nello stesso iter argomentativo sviluppato in sentenza, la Cassazione ha affermato che per i licenziamenti di natura economica la reintegrazione costituisce eccezione alla regola della tutela indennitaria. A questo assunto la sentenza era pervenuta sul rilievo che, affinchè il giudice possa accordare la reintegrazione, non è sufficiente che il fatto posto a base del licenziamento per motivo oggettivo non sussista, ma è ulteriormente richiesto che la predetta insussistenza sia manifesta.

Qualcosa allora sfugge, perché non è dato comprendere come possano convivere l'assunto per cui la tutela reintegratoria è relegata ad ipotesi eccezionali di manifesta insussistenza del fatto, con la tesi per cui questa condizione è integrata se non ricorrono gli estremi del giustificato motivo oggettivo di licenziamento.È un testo bizantino, che tutto lega e niente scioglie, lasciando la materia nelle secche di una atavica incertezza applicativa. Incertezza che la Cassazione imputa alla formulazione dell'articolo 18, comma 7, post riforma Fornero, ma che essa stessa contribuisce ad alimentare.

La sentenza 16253/2020

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