Contenzioso

Retribuzione imponibile in edilizia: il part time non equivale a sospensione del rapporto

di Silvano Imbriaci

Con una serie di sentenze del 10 agosto 2020 (nn. 16859, 16860 e 16861), la sezione Lavoro della Cassazione torna sul tema del pagamento di contribuzione previdenziale (Inps e premi Inail) in relazione a un accertamento ispettivo con cui gli enti previdenziali avevano calcolato il relativo obbligo, per i contratti part-time stipulati in eccedenza rispetto al limite del 3% del totale dei lavoratori occupati stabilito dal contratto collettivo per i dipendenti di imprese edilizie industriali, commisurandolo alla retribuzione imponibile calcolata per l'orario pieno.

In sostanza, la questione controversa riguarda la validità dei contratti part time a tutti gli effetti (e dunque anche agli effetti contributivi) anche nel caso di violazione dei limiti massimi previsti dalla contrattazione collettiva per la stipulazione a part-time. In altri termini, in mancanza di prova circa l'inosservanza dell'orario stabilito, si discute dell'applicazione dell'articolo 29 del Dl n. 244/1995 (convertito in legge n. 341/1995), che rapporta in generale la contribuzione a un numero di ore settimanali non inferiore all'orario di lavoro normale stabilito dal contratto collettivo.

Così inquadrata la vicenda, la risoluzione della questione esige la risposta a un quesito fondamentale: il divieto di ricorrere al part-time in caso di eccedenza (o di superamento dei limiti) impedisce di considerare validi i contratti part-time comunque stipulati, anche se formalmente osservati da entrambe le parti contrattuali? Come è noto, la regola generale per individuare la retribuzione imponibile a fini contributivi è quella che fa riferimento al minimale contributivo, ossia quello calcolato avuto riferimento all'importo di quella retribuzione che ai lavoratori di un determinato settore dovrebbe essere corrisposta in applicazione dei contratti collettivi stipulati dalle associazioni sindacali più rappresentative su base nazionale (Cass. S.U. n. 11199 del 2002).

Lo spunto innovativo rispetto alla giurisprudenza dominante in punto di autonomia del rapporto contributivo rispetto alla retribuzione, lo si ritrova in quella interpretazione (cfr. Cass. n. 15120/2019) che applica tale principio non solo alla retribuzione, ma anche all'orario di lavoro da prendere a parametro, che dev'essere l'orario di lavoro normale stabilito dalla contrattazione collettiva (o dal contratto individuale, se superiore). Infatti, intuitivamente, la regola sull'orario è del tutto funzionale al rispetto del principio del minimale. In quest'ottica, la Cassazione introduce una distinzione importante: l'articolo 29 del Dl n. 244/1995, in relazione ai datori di lavoro che esercitano attività edile, non costituisce una fonte di obbligazione retributiva autonoma (come nel caso del minimale di cui all'articolo 1, del Dl n. 338/1989, convertito con legge n. 389/1989), ma incide esclusivamente sulla misura della retribuzione che il lavoratore riceve (o comunque avrebbe diritto di ricevere) in dipendenza del rapporto di lavoro. Grazie all'articolo 29, la retribuzione che il lavoratore edile ha diritto di ricevere costituisce il presupposto per conformarne la misura ai minimali, con la possibilità di elevarla, se inferiore, al minimale contributivo. Solo in caso di sospensione del rapporto non trova applicazione l'articolo 29: nelle ipotesi tipiche indicate dall'articolo 29 stesso (assenze per malattia, infortuni ecc.) e in quelle innominate, secondo l'interpretazione di Cass. n. 5233 del 2007, purché tempestivamente comunicate agli enti previdenziali. Ebbene, nel caso del part-time, siamo in presenza di un'attività ridotta, nella quale vale la regola del minimale e delle ipotesi esclusive tipiche (in caso di sospensione).

La stipulazione di contratti part-time, in eccedenza rispetto al limite stabilito contrattualmente, costituisce dunque un'inosservanza di un divieto posto dalla contrattazione collettiva al fine di individuare nella retribuzione dovuta per l'orario normale di lavoro la misura del compenso spettante ai lavoratori assunti a part-time oltre tale limite.

Non siamo dunque nell'area di part-time irregolari: la commisurazione dell'imponibile contributivo alla retribuzione normale non deriva qui da una fattispecie di invalidità del contratto di lavoro part-time, ma costituisce semplicemente la conseguenza della previsione contrattuale collettiva circa il valore economico complessivo delle retribuzioni imponibili dell'impresa edile (così nelle sentenze citate), che può essere suscettibile di abbattimento solo nei casi di (legittima) sospensione e non già in quelli di riduzione dell'attività lavorativa, in assenza di una delle ipotesi tipiche di sospensione. In parole più dirette: il part time di per sé non costituisce l'effetto di una sospensione del sinallagma funzionale del contratto, ma semplicemente un'ipotesi di riduzione dell'attività lavorativa, che giustifica una compressione dell'obbligo contributivo solo nei limiti percentuali assunti in sede di contrattazione.

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