Contenzioso

Iscrizione alla gestione commercianti Inps solo se ci sono abitualità e prevalenza

di Silvano Imbriaci

Con una ordinanza didascalica, e proprio per questo molto utile, la Cassazione (sentenza 18331 del 3 settembre 2020, sesta sezione civile) torna sul tema dei requisiti per l'iscrizione alla gestione commercianti dei lavoratori autonomi (articolo 1, legge 1397/1960, come sostituito dall'articolo 29, legge 160/1975 e, da ultimo, dall'articolo 1, comma 203, legge 662/1996).

La vicenda che ha dato luogo alla pronuncia è abbastanza peculiare, nel senso che pone la necessità di interrogarsi sull'obbligo di iscrizione alla gestione commercianti nel caso di un soggetto che svolga la propria attività lavorativa (quella che darebbe il titolo all'iscrizione) presso una società, pur essendo contemporaneamente iscritto al Fpld, in qualità di lavoratore subordinato presso (e con contribuzione a carico di) diverso soggetto. Il nodo della controversia sta dunque nella soluzione al quesito circa la rilevanza di questo rapporto di lavoro subordinato nell'indagine sui requisiti per l'iscrizione alla gestione commercianti, tra i due opposti estremi: a) della irrilevanza assoluta, tesi Inps, secondo cui lo svolgimento di attività lavorativa subordinata per conto di altro soggetto è dato neutro rispetto alla presenza dei requisiti per l'iscrizione alla gestione commercianti; b) della incompatibilità assoluta, per impossibilità materiale, tra attività di lavoro subordinato e, nell'arco di tempo lavorativo residuo, di attività commerciale in misura tale da fondare l'obbligo di iscrizione alla relativa gestione Inps (tesi del ricorrente).

Nel tentativo di fornire principi guida per una soluzione soddisfacente, la Cassazione ricorda come la normativa che disciplina l'obbligo di iscrizione alla gestione commercianti dei lavoratori autonomi (articolo 1, comma 203) sia sufficientemente chiara nello stabilire che tale obbligo sussiste per i soggetti che siano in possesso dei seguenti requisiti:

a) siano titolari o gestori in proprio di imprese che, a prescindere dal numero dei dipendenti, siano organizzate e/o dirette prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti la famiglia, ivi compresi i parenti e gli affini entro il terzo grado, ovvero siano familiari coadiutori preposti al punto di vendita;

b) abbiano la piena responsabilità dell'impresa e assumano tutti gli oneri ed i rischi relativi alla sua gestione (...);

c) partecipino personalmente al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza;

d) siano in possesso, ove previsto da leggi o regolamenti, di licenze o autorizzazioni e/o siano iscritti in albi, registri o ruoli.

Premessa necessaria a ogni indagine circa l'iscrivibilità è dunque l'esistenza congiunta dei due requisiti dell'abitualità e della prevalenza, con onere della dimostrazione circa la loro sussistenza a carico dell'Inps (una volta che sia stata accertata la natura commerciale dell'attività). Ebbene, la Corte ribadisce che questi due requisiti devono essere intesi in senso relativo e soggettivo, ossia facendo riferimento alle attività lavorative espletate dal soggetto all'interno della stessa attività aziendale costituente l'oggetto sociale della società (con esclusione delle attività svolte in qualità di amministratore) e non attraverso la comparazione con tutti gli altri fattori produttivi dell'impresa, a carattere naturale, materiale e personale.

Dunque, nello specifico, quanto al requisito della prevalenza, quello che maggiormente implica la verifica del dato temporale oggettivo, lo stesso deve essere interpretato come maggiore consistenza, anche da un punto di vista numerico, e deve seguire a una comparazione tra l'attività del lavoratore-socio in ambito aziendale e l'attività svolta dallo stesso in altri contesti e ambiti, esterni a quello aziendale. In questo senso è rilevante la valutazione di qualsiasi attività lavorativa svolta dal socio in settori esterni rispetto a quello aziendale e, per questo motivo, assume una sua oggettiva rilevanza l'attività di lavoro subordinato, alle dipendenze di altra impresa, proprio perché si tratta di un rapporto tendenzialmente esclusivo e capace di occupare gran parte del tempo lavorativo quotidiano a disposizione del lavoratore.

Il principio, dunque, da cui non è possibile prescindere, è solo uno: in questa materia non sono possibili presunzioni. La sussistenza dei requisiti dell'abitualità e della prevalenza deve essere valutata caso per caso e in concreto, secondo i parametri suggeriti dalla Corte, non essendo praticabili giudizi astratti e aprioristici di irrilevanza o di incompatibilità tra attività lavorativa subordinata e attività svolta dal socio a favore della società (per alcuni precedenti in punto di prevalenza si veda Cassazione 19273/2018 e 4440/2017).

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