Contenzioso

Superamento del comporto, sì al recesso in ritardo

di Giuseppe Bulgarini d’Elci

Anche un lasso di tempo notevole tra il superamento del periodo di comporto e il momento in cui il datore di lavoro decide di intimare il licenziamento deve ritenersi in linea con le previsioni dell’ordinamento, se il datore ha utilizzato questo intervallo intermedio per una verifica sulla compatibilità della malattia rispetto alla prestazione richiesta al dipendente.

È legittimo che il datore di lavoro utilizzi svariati mesi dopo la scadenza del periodo massimo di malattia fissato dal contratto collettivo prima di interrompere il rapporto di lavoro, anche se nel frattempo il lavoratore abbia ripreso lo svolgimento della prestazione, in quanto l’intervallo temporale può essere ragionevolmente utilizzato per svolgere una “prognosi di sostenibilità” delle assenze rispetto al permanere dell’interesse aziendale.

La Cassazione ha raggiunto queste conclusioni (ordinanza n. 18960 dell’11 settembre 2020) in un caso nel quale, superati i 12 mesi di malattia dal lavoratore, quest’ultimo aveva fatto rientro in servizio senza che il datore procedesse, per un ulteriore consistente periodo, a interrompere il rapporto. Solo dopo una nuova assenza per malattia del dipendente, a cui aveva fatto seguito un ulteriore periodo di servizio attivo, il datore aveva infine deciso di intimare il licenziamento per superamento del (già ampiamente decorso) periodo di comporto.

La Corte d’appello di Reggio Calabria, riformando la decisione di primo grado, aveva ritenuto legittimo il licenziamento sul rilievo che lo “spatium deliberandi” fosse compatibile con la volontà datoriale di una meditata valutazione sulla compatibilità della malattia con la prosecuzione dell’attività. La Cassazione conferma la decisione e chiarisce che un intervallo di molti mesi, se funzionale alla verifica sulle condizioni di sostenibilità delle assenze per malattia in rapporto agli interessi aziendali, non travalica il legittimo esercizio del licenziamento per superamento del periodo di comporto.

La Corte rimarca che il requisito di tempestività, con riferimento al licenziamento per superamento del periodo massimo di malattia, deve costituire oggetto di una valutazione di congruità che il giudice è chiamato ad operare caso per caso, facendo riferimento a tutte le circostanze significative emerse nel giudizio. Inoltre, è il lavoratore a dover provare che l’intervallo temporale tra il superamento del periodo di comporto e l’intimazione del licenziamento ha travalicato i limiti di adeguatezza e ragionevolezza.

Se, da un lato, va tutelato l’affidamento del lavoratore circa la prosecuzione del rapporto, dall’altro merita tutela l’esigenza datoriale di un ragionevole “spatium deliberandi” al fine di consentire una adeguata prognosi sulla compatibilità delle assenze rispetto al permanere dell’interesse datoriale alle prestazioni del dipendente.

L'ordinanza n. 18960/2020 della Corte di cassazione

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