Contenzioso

Più peso all’arbitrato sul lavoro nel riordino delle professioni sportive

di Mario Fusani

Poco più di un anno fa è entrata in vigore la legge 86/2019, che contiene le deleghe al Governo per l’adozione, entro un anno, di una riforma dell’ordinamento e delle professioni sportive. Il termine previsto dalla legge delega è stato, poi, prolungato data l’emergenza epidemiologica, per cui ancora oggi non vi è un testo definitivo.
Lo stesso ministro per le Politiche giovanili e lo sport Vincenzo Spadafora, tuttavia, ha annunciato alcune delle novità che caratterizzeranno il mondo del lavoro sportivo e negli ultimi tempi sono circolate alcune versioni di una prima stesura del Testo Unico (questa parrebbe la forma scelta per la riforma).
Il Testo unico, qualora dovesse entrare in vigore, abolirà anche la previgente disciplina giuslavoristica, raccogliendo in un unico testo normativo tutte le regole per i lavoratori del settore.

La riforma del lavoro sportivo

Secondo le ultime indiscrezioni, il Testo unico conterrebbe una nuova definizione di lavoratore sportivo. Ne farebbero parte gli atleti, gli allenatori, gli istruttori, i direttori tecnici, i direttori sportivi, i preparatori atletici e i direttori di gara purché, senza alcuna distinzione di genere e indipendentemente dal settore professionistico o dilettantistico, esercitino l’attività sportiva in modo continuativo, verso un corrispettivo e al di fuori delle prestazioni amatoriali. Da questa prima stesura parrebbe evidente l’ampliamento delle figure rientranti nell’alveo dei lavoratori sportivi, che dovrebbero comprendere anche gli istruttori e i direttori di gara. Ai fini della qualifica come lavoratore sportivo, inoltre, non rileverebbe più la distinzione tra dilettanti e professionisti, ma soltanto tra lavoratori sportivi ed amatori. Oggi, infatti, soltanto gli sportivi professionisti possono essere considerati lavoratori a tutti gli effetti e godere dei relativi diritti anche a livello assistenziale e previdenziale.

Molto importante, inoltre, sarebbe l’eliminazione di qualsiasi distinzione di genere. La ratio del legislatore parrebbe quella di concedere pari diritti anche alle lavoratrici sportive di sesso femminile, oggi spesso considerate dilettanti nonostante la partecipazione delle stesse ai massimi campionati. Particolare rilevanza assumerebbe, qualora confermata, anche la possibilità per i giovani sportivi di accedere all’apprendistato, con l’intento di garantire alle nuove leve una crescita culturale oltreché sportiva.

L’arbitrato sul lavoro nel settore sportivo

Tra le novità del Testo unico, c’è la conferma dell’Arbitrato quale sistema di risoluzione delle controversie relative al rapporto di lavoro tra sportivo e club. Anzi. Il novero delle potenziali controversie potrebbe essere ulteriormente ampliato. In precedenza, infatti, la clausola arbitrale contenuta nella legge 91/1981 trovava applicazione principalmente per la risoluzione delle controversie di lavoro tra sportivi professionisti e società. Qualora invece dovessero essere confermate le indiscrezioni in circolazione, tra i destinatari potrebbero rientrare anche gli sportivi dilettanti.

È doveroso precisare, attualmente, che la Legge 91/1981 stabilisce che le parti hanno facoltà di adire il collegio arbitrale. Con il tempo tuttavia la contrattazione collettiva del settore e le varie federazioni hanno imposto un vero e proprio obbligo tale per cui le controversie giuslavoristiche nei rapporti di lavoro sportivo potranno obbligatoriamente essere rimesse al giudizio arbitrale (come avviene ad oggi, ad esempio, nel calcio professionistico). È possibile ipotizzare che tale assetto rimanga invariato, anche dopo l’entrata in vigore del Testo Unico.

L’Arbitrato applicato ai rapporti di lavoro, infatti, costituisce una realtà ormai consolidata sia a livello nazionale sia a livello internazionale e le ragioni dell’efficacia di tale binomio sono rintracciabili principalmente nella natura del lavoro sportivo. Il rapporto di lavoro sportivo, infatti, è un rapporto di lavoro speciale, in quanto, pur essendo presenti molti degli elementi essenziali di ogni rapporto di lavoro, la sua disciplina è, per diversi aspetti, differente da quella comune data la necessità di contemperare le esigenze di tutela dei lavoratori con altri interessi anche di carattere sportivo. Per tale ragione, è necessaria una giustizia altrettanto particolare che tenga conto delle peculiarità del rapporto di lavoro in oggetto. La scelta dell’Arbitrato è stata, e probabilmente sarà, legata anche a ragioni connesse alla velocità del procedimento nonché all’alto tasso di tecnicità dello stesso. Riguardo al primo aspetto, infatti, è doveroso sottolineare che tutte le competizioni sportive sono caratterizzate da tempi rapidi. La risoluzione delle relative controversie lavorative, dunque, dovrà essere caratterizzata dalla stessa velocità. La giustizia sportiva, inoltre, richiede un’elevata conoscenza non solo della materia giuridica del contendere, ma anche delle dinamiche sportive sottese alla stessa. Un giudice ordinario, pertanto, per avere un quadro completo della situazione dovrebbe necessariamente affidarsi a esperti del settore e a consulenze specifiche, con la conseguenza di dilatare ulteriormente le tempistiche processuali.

La possibilità di nominare arbitri che siano esperti sia di diritto del lavoro che di diritto sportivo, invece, permette di arrivare a una decisione ponderata e in tempi brevi. Alla luce di tutto quanto fin qui esposto, dunque, la scelta di devolvere a un collegio arbitrale la risoluzione delle controversie giuslavoristiche, è risultata, nel tempo, vincente. Qualora dovesse essere confermata, dunque, la scelta del legislatore di continuare a utilizzare tale sistema di risoluzione delle controversie, non potrebbe che portare benefici al mondo dello sport, anche alla luce delle radicali riforme prospettate.

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