Contenzioso

Cassazione, la previdenza sociale si fonda sul principio di solidarietà

di Valeria Zeppilli


Per rappresentare il sistema previdenziale italiano non è sufficiente ricorrere al concetto di sinallagma, inteso quale equilibrio di prestazioni corrispettive: per la Corte di cassazione (ordinanza sezione lavoro, 15 settembre 2020, numero 19241) non bisogna dimenticare che la previdenza si fonda sul principio di solidarietà.

Tra prestazioni erogate e contributi versati, per i giudici, non esiste un nesso di reciproca giustificazione causale, specie se si considera che l'apporto contributivo delle varie categorie di lavoratori è sempre accompagnato da un intervento finanziario dello Stato. Proprio il ruolo giocato dalla solidarietà generale fa sì che l'obbligazione contributiva posta a carico del datore di lavoro possa persistere anche quando l'ente previdenziale, per tutti o alcuni dei dipendenti, non sia tenuto a erogare determinate prestazioni.

Così, ad esempio, la circostanza che l'articolo 15 della legge 1204 del 1971 (oggi abrogato e sostituito dalle disposizioni del decreto legislativo 151/2001) rinviava all'assicurazione obbligatoria per le malattie con riferimento alla corresponsione dell'indennità di maternità, non permetteva comunque di estendere l'esonero dall'obbligo contributivo per i datori di lavoro tenuti a versare l'indennità di malattia anche ai contributi per la maternità.

Ad affermare la natura sostanzialmente impositiva e non fondata su una stretta corrispettività della contribuzione pubblica era già intervenuta, diversi anni fa, la pronuncia 10232/2003, della Corte di cassazione a sezioni unite. Con essa, infatti, era stato già dettato il principio di carattere generale in forza del quale tra obbligo contributivo e prestazioni alla stessa sottese non sussisterebbe alcuna logica di stretta correlazione. Tale pronuncia è stata richiamata dall’ordinanza 19241/2020, unitamente a un'altra sentenza, questa volta resa dalla Corte costituzionale: la numero 47 del 2008, che si è espressa nello stesso senso.

Nel caso di specie, si era tentato di far valere in giudizio la circostanza che le società rivenienti dal processo di trasformazione dell'Enel fossero assoggettate al pagamento dei contributi di maternità non da sempre ma solo a partire dal 1° gennaio 2009, in forza delle previsioni dell'articolo 20, comma 2, del decreto legge numero 112/2008. Per i giudici di legittimità, però, non è così: l'obbligo, come visto, deve ritenersi immanente al sistema e il legislatore ha semmai solo la facoltà di renderlo manifesto attraverso un'apposita previsione di legge. Questa, però, non assume mai carattere precettivo, ma solo ricognitivo di un principio già presente nel nostro ordinamento giuridico.

Di conseguenza, le società che sono sorte dal processo di trasformazione dell'Enel devono pagare la contribuzione per maternità anche per il periodo anteriore al 1° gennaio 2009, nonostante il versamento diretto del trattamento dovuto alle lavoratrici madri.

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