Contenzioso

Per certificare serve la rappresentatività

di Luigi Caiazza e Roberto Caiazza

L'efficacia giuridica della certificazione dei contratti, prevista dall'articolo 79 del Dlgs 276/2003, presuppone che tale certificazione sia avvenuta, tra l'altro, davanti a enti bilaterali costituiti da associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori «comparativamente più rappresentative».

Sul punto interviene ancora una volta l'Ispettorato nazionale del lavoro con la circolare 718 del 16 settembre. L'Inl ritorna sull'argomento prendendo spunto da una conforme sentenza del Tribunale di Trento (128 del 10 settembre 2020), con la quale è stato respinto il ricorso di una società in opposizione al verbale ispettivo che ha disconosciuto la regolarità della certificazione di un contratto di appalto in quanto costituita a iniziativa di associazioni caratterizzate da una «maggiore rappresentatività» (come da difesa di parte ricorrente) e non da quella della «maggiore rappresentanza comparativa».

Del resto, come ha ricordato la sentenza rifacendosi alla copiosa giurisprudenza, anche di legittimità, la nozione di sindacato «comparativamente più rappresentativo», in luogo del «maggiormente rappresentativo», è utilizzata dal legislatore al fine di selezionare le organizzazioni sindacali (selezione dei soggetti) o i contratti collettivi (selezione degli atti), in funzione dell'attribuzione alle prime di specifiche prerogative (quale quella ora oggetto di causa) e ai secondi di determinati effetti, tra i quali, la base di computo dei contributi e premi previdenziali ed assicurativi.

Su tale differenza di termini lo stesso Consiglio di Stato (537/2019) ne ha rilevato l'importanza atteso che quello «comparativamente più rappresentativo» presuppone una selezione delle associazioni sindacali sulla base di una valutazione comparativa della effettiva capacità di rappresentanza di ciascuna di esse.

Di particolare rilievo, su specifica contestazione del ricorrente, si ritengono le argomentazioni poste dalla sentenza in esame, sulla legittimità dei termini ai fini della contestazione dell'illecito amministrativo. Il giudice, richiamandosi anche su questo argomento, al consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, ricorda che la disposizione regolamentata dall'articolo 14 della legge 689/1981, si riferisce all'accertamento e non alla data di commissione della violazione (la cui prescrizione, secondo l'articolo 28 della stessa legge, è di 5 anni) , nel senso che il termine di 90 giorni comincia a decorrere dal momento in cui è compiuta o si sarebbe dovuta compiere, anche in relazione alla complessità o meno del fatto illecito, l'attività amministrativa volta a verificare tutti gli elementi dell'infrazione.

In ogni caso, il controllo giurisdizionale relativo alla ragionevolezza dei tempi impiegati per l'accertamento compete all'amministrazione deputata alla valutazione dell'opportunità di atti istruttori e al relativo intervallo temporale.

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