Contenzioso

Per la Cassa illegittima e il demansionamento risarcimenti separati

di Giuseppe Bulgarini d’Elci

In presenza di illegittimo ricorso alla Cigo e alla Cigs, il demansionamento imposto dal datore di lavoro nei periodi di rotazione alternati alla sospensione in cassa integrazione non può essere idoneamente risarcito con il mero versamento della differenza tra il trattamento di integrazione salariale e la retribuzione piena dovuta al lavoratore. La forzata inattività subita dal lavoratore nei periodi in cui, tra una fase di cassa e quella successiva, è stato richiamato in servizio viola contemporaneamente due autonomi precetti normativi: (i) quello alla rotazione dei lavoratori nell’utilizzo della cassa integrazione e (ii) quello per cui i dipendenti devono poter svolgere le mansioni oggetto del contratto di lavoro. Non è, dunque, corretto ritenere che, a fronte della illegittima collocazione in cassa integrazione, così come dell’illegittimo ricorso ai meccanismi di rotazione, il dipendente dimensionato sia adeguatamente indennizzato dei pregiudizi sofferti con il risarcimento della sola differenza tra stipendio pieno e minor importo percepito quale indennità di cassa integrazione.

La Cassazione ha espresso questo principio con ordinanza 20466/2020, nella quale viene affermato che la privazione delle mansioni costituisce un danno autonomamente risarcibile, anche se interviene nell’ambito di periodi di rotazione alternati a periodi di cassa integrazione.

Il caso scrutinato dalla Corte trae origine dalla domanda di una lavoratrice che ha impugnato prolungati periodi di cassa integrazione e sostenuto di essere stata sottoposta a demansionamento nei periodi di rientro in servizio. In primo grado, il datoreè stato condannato a pagare la differenza tra il trattamento di integrazione salariale e la retribuzione piena e, inoltre, a risarcire il danno professionale nella misura del 100 per cento. In appello, quest’ultima domanda è stata disattesa, ritenendosi da parte della corte meneghina che il ristoro del danno professionale fosse assorbito dal pagamento della retribuzione piena dei periodi di cassa.

La Cassazione ribalta la decisione e osserva che, includendo il risarcimento del danno professionale nel ristoro patrimoniale conseguente al ricorso illegittimo alla cassa, finiscono per essere sovrapposti piani risarcitori che, essendo ricollegati a differenti violazioni, rimangono concettualmente distinti. La forzata inattività, anche se si colloca nel perimetro dei periodi di rotazione durante la cassa integrazione, costituisce autonoma violazione del precetto fissato nell’articolo 2103 del Codice civile, a norma del quale il dipendente ha diritto a svolgere mansioni ascrivibili al proprio livello di inquadramento. La Corte osserva che l’imposta inattività viola il precetto costituzionale del diritto al lavoro, che mantiene inalterata la sua funzione di fondamentale mezzo di estrinsecazione della personalità nel contesto professionale, anche se si colloca nell’ambito di periodi di rotazione alternati alla sospensione in cassa. Il risarcimento del danno professionale mantiene, quindi, la sua autonoma sfera risarcitoria e non è sovrapponibile al risarcimento dovuto al dipendente per la violazione delle regole sul ricorso alla cassa integrazione e alla rotazione.

L'ordinanza n. 20466/2020 della Corte di cassazione

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